Il politicamente corretto è l’ideologia degli anni duemila? La realtà sembra proprio dimostrarlo giorno dopo giorno, anche se come sempre occorre impostare un dibattito sensato e non a propria volta ideologico per provare a scovare l’esatta verità culturale, sociale ed umana ai tempi nostri. Dai diritti “all’ennesima potenza” alle discriminazioni a ogni piè sospinto, fino alle millimetriche attenzioni sul linguaggio che dovrà essere sempre più inclusivo e “azzerante” le differenze: ne è un limpido caso l’adozione della “schwa” (il simbolo “ə”) negli atti ufficiali dl Comune di Castelfranco Emilia (Emilia Romagna).
Si tratta del genere “neutro”, sempre più simbolo del tentativo di inclusione massima, come spiega il sindaco nel lanciare l’iniziativa: «Il rispetto e la valorizzazione delle differenze sono principi fondamentali della nostra comunità e il linguaggio che utilizziamo quotidianamente dovrebbe rispecchiare tali principi. Ecco perché vogliamo fare maggiore attenzione a come ci esprimiamo: il linguaggio infatti non è solo uno strumento per comunicare, ma anche per plasmare il modo in cui pensiamo, agiamo e viviamo le relazioni». Su Libero Quotidiano oggi Antonio Socci riflette sul caso emiliano, unendolo alle altre “follie” del politicamente corretto dei giorni nostri (su tutti, quel “amen and awoman” del braccio destro di Nancy Pelosi al Congresso Usa, tal Emanuel Clavier). «Ormai la rivoluzione “politically correct” galoppa dappertutto», scrive il giornalista e saggista su Libero, «Se però si contesta l’uso del maschile universale, si dovrebbe cominciare a correggere anche quelle parole che finiscono in “a”, ma includono maschi e femmine. Sarebbe da ridere».
L’IDEOLOGIA DEI DIRITTI “CORRETTI”
In effetti sentir parlare di “dentisto” o di “violinisto, elettricisto” e così via sembra una follia: sembra però, dato che il linguaggio sempre più inclusivo e “attento” alle minoranze potrebbe prendere sempre più piede. Dal Parlamento Europeo al Bundestag, solo per citare gli ultimi esempi, impongono negli atti ufficiali l’eliminazione di ogni differenza di genere e l’affermazione, di contro, della più totale “omologazione”. «Quello emiliano sembra proprio un egualitarismo che “va oltre”. Rientra nella moda ideologica che è stata definita ironicamente “pertuttismo”», scrive ancora Socci sottolineando come sia soprattutto il genere maschile oggi ad essere contestato.
La “schwa” abolisce la differenza tra uomini, donne e “altri” mentre con l’ideologia dei diritti “corretti” si rischia di andare ben oltre, come dimostra il caso Svezia: riporta il giornalista su Libero le parole del filosofo francese Jean-Claude Michea «il 12 giugno 2012, quel partito ha depositato presso il consi- glio regionale della contea di Sörmland un progetto di legge che punta a vietare a tutti gli “individui di sesso maschile” di urinare in piedi». Insomma, come a dire che l’impossibilità di trovare un modo di “fare pipì” uguale per tutti porta il partito di sinistra svedese a gridare alla discriminazione. Un’uguaglianza ricercata che ci pare sempre più vicino all’autentico “suicidio” della ragione (e della società).