Durante un’intervista radiofonica il Presidente dell’Inps, prof. Pasquale Tridico ha fornito dei dati riguardanti i lavoratori che da marzo a oggi hanno ricevuto la cassa integrazione per Covid. Si tratta di cifre molto significative: 6,6 milioni di soggetti per 24,8 milioni di prestazioni. Tridico ha poi precisato a maggior dettaglio che a circa 3,6 milioni di lavoratori la Cig è stata pagata direttamente dall’Inps, mentre a 3 milioni è stata anticipata dalle aziende. Sono, invece, 3mila le persone che non hanno mai ricevuto nulla (pari allo 0,2%). Altre utili statistiche (raccolte a novembre) sono fornite nelle comunicazioni ufficiali dell’Inps riguardanti il numero totale di ore di cassa integrazione guadagni autorizzate nel periodo dal 1° aprile al 31 ottobre 2020, per emergenza sanitaria, pari a 3.388,1 milioni di cui: 1.628,2 milioni di Cig ordinaria, 1105,4 milioni per l’assegno ordinario dei fondi di solidarietà e 654,4 milioni di Cig in deroga.
Per quanto riguarda la cassa integrazione ordinaria, i settori che assorbono il maggior numero di ore autorizzate sono nell’ordine: “fabbricazione di macchine e apparecchi meccanici ed elettrici” con 31,2 milioni di ore, “metallurgico” con 27,4 milioni di ore, “industrie tessili e abbigliamento” con 16,5 milioni di ore; seguono i settori “costruzioni” con 11,7 milioni di ore e “fabbricazione di autoveicoli, rimorchi, semirimorchi e mezzi di trasporto” con 9,8 milioni di ore. Questi cinque settori in termini di ore autorizzate assorbono il 63% delle autorizzazioni del mese di ottobre. Per quanto riguarda le regioni, è la Lombardia che ha avuto, nel mese di ottobre 2020, il maggior numero di ore autorizzate di Cig ordinaria con 44,3 milioni di ore, seguita da Piemonte ed Emilia Romagna rispettivamente con 20,8 e 16,1 milioni di ore.
Per quanto concerne la Cig in deroga, le regioni che hanno autorizzato il maggior numero di ore sono state: la Lombardia con 15,1 milioni di ore, il Lazio con 10,1 milioni di ore e la Campania con 5,6 milioni di ore. Per i fondi di solidarietà, le autorizzazioni si concentrano in Lombardia (35,1 milioni di ore), Lazio (19,5 milioni), Emilia Romagna (11,4 milioni), Veneto (9,7 milioni). Queste quattro regioni assorbono il 70% delle ore autorizzate a settembre nei fondi di solidarietà. Non risultano dati rispetto alle ore effettivamente utilizzate il cui numero è quasi sempre inferiore a quelle autorizzate. Pur tuttavia in questa circostanza le imprese sono state incoraggiate ad avvalersi della Cig da Covid per la sua relazione con il blocco dei licenziamenti.
Ma nell’intervista, Tridico ha svolto delle considerazioni interessanti in materia di reddito di cittadinanza (RdC). Innanzitutto non ha voluto smentirsi e ha confermato la più volte ribadita convinzione dell’efficacia di questa misura: “Se non avessimo avuto il reddito di cittadinanza – ha affermato il presidente dell’Inps – 3,1 milioni di persone sarebbero sul lastrico, sarebbero sprofondati. La Cig e la Naspi non li avrebbero raggiunti”.
Il che è vero solo in parte, poiché ai disoccupati (nel senso di coloro che hanno perso il lavoro) viene pur sempre erogata la Naspi, mentre questa prestazione (come del resto la Cig) non viene corrisposta agli inoccupati. Bontà sua Tridico riconosce che “c’è qualcosa da migliorare sul lato delle politiche attive, ma questo non può essere un anno di test perché il Paese è fermo”. Che questa considerazione corrisponda alla realtà non può essere messo in dubbio, salvo chiedere spiegazioni su quanto il Presidente dell’Anpal Domenico Parisi ha dichiarato in audizione presso la commissione Lavoro della Camera l’11 novembre scorso; ovvero che avevano trovato un lavoro ben 352.068 beneficiari del RdC, pari al 25,7%; e che, il 31 ottobre, i beneficiari con un rapporto di lavoro ancora attivo erano 192.851.
Se questi fossero davvero i risultati delle politiche attive del RdC – in mesi martoriati dall’imperversare dei lockdown – ci sarebbe da risalire sul balcone a festeggiare sottoponendo quanti avevano espresso delle critiche alla pubblica gogna. In verità chi scrive, oltre ad avere espresso riserve su questi esiti, ha sempre sostenuto che il principale difetto del RdC sta nel condizionare – sia pure in maniera lasca – una prestazione monetaria inclusiva con l’inserimento nel mercato del lavoro. Mi ero permesso persino la metafora di un convoglio AV (l’erogazione dell’assegno) che si trascina appresso una carriola (l’offerta di ben tre occasioni di lavoro nell’arco di 18 mesi tramite i CPI e il rinforzo dei navigator).
Se ho ben compreso anche Tridico è arrivato a un’analoga convinzione quando afferma, sempre nell’intervista: “Io vedo il reddito di cittadinanza come uno strumento di sostegno al reddito, di lotta alla povertà, piuttosto che di politiche attive”. Tra le due attività vi sarebbe addirittura, secondo il Presidente, un legame “marginale”.
Della stessa impostazione le affermazioni di Luigi Di Maio nella sua lunga lettera a Il Foglio: “Bisogna separare nettamente gli strumenti di lotta alla povertà dai sostegni al reddito in mancanza di occupazione”. Un concetto analogo – ancorché meno esplicito – era già prefigurato nella Nadef. Forse sarebbe il caso di compiere un altro passo avanti, precisando come (e quando) potrà essere realizzata questa distinzione dei ruoli. Se con un po’ di umiltà e capacità di autocritica il Governo andasse a rivisitare il recente passato, troverebbe – sia pure con quale aggiustamento perché gli errori si pagano – adeguate risposte in alcuni provvedimenti come il Rei sul versante della lotta alla povertà e l’assegno di ricollocazione come strumento di politica attiva.
Poi c’è la questione dei navigator, i quali si sono dati recentemente un’associazione (A.N.NA) che – precisano i suoi rappresentanti – non è un sindacato per tanti motivi tra cui il fatto che i navigator non sono dipendenti, ma co.co.co, lavoratori atipici. In un’intervista su Il Diario del Lavoro, Antonio Lenzi, un componente della associazione spiega le difficoltà del loro lavoro: “Ci troviamo a gestire una platea di 3 milioni di persone, ultraquarantenni, con bassa scolarizzazione, quinta elementare o terza media, un bagaglio di competenze molto ridotto, necessitano di un’alfabetizzazione informatica e vengono da carriere lavorative discontinue. Per molti di questi non è oggettivamente facile avviare un percorso che li possa rendere occupabili. Ma già renderli autonomi nel cercarsi un lavoro è un primo passo molto importante. Ovviamente ci sono anche quelli meno propositivi, che guardano unicamente a incassare l’assegno”.
Questi navigator sono vittime di un vizio tutto italiano: quello di prendere di mira qualcuno o qualcosa passandosi la voce sulla loro inutilità fino a farne un luogo comune. È successo così alle Province, a costo di sguarnire il territorio. Vi è un particolare accanimento nei confronti del Cnel, organo di rilevanza costituzionale, ma colpito dalla fatwa dello spreco (la stessa che ha portato all’amputazione delle Camere). I navjgator sono diventati il capro espiatorio di un’operazione discutibile come il RdC e della sua configurazione sbagliata (come ora ammettono un po’ tutti). Anche in questo caso si rischia di esprimere pareri per sentito dire o sulla base di pregiudizi, dimenticando che il cammino necessario a realizzare una politica attiva del lavoro è lungo, aspro e difficile, diversamente da come avevano ritenuto i pentastellati quando erano ancora allo stato brado.
Alla domanda riguardante le aspettative future, Antonio Lenzi, con garbo, risponde: “Ovviamente ci auguriamo, nell’immediato futuro, una proroga del contratto e, in prospettiva, un processo di stabilizzazione. Quello che noi vorremmo è che venisse riconosciuto appieno il nostro lavoro e l’impegno che quotidianamente mettiamo. Siamo 2.700 laureati magistrali, con un’età media di 35 anni e un bagaglio di competenze e lavorativo consolidato (l’aggettivo è forse un po’ prematuro, ndr). Molto spesso si parla di svecchiare il personale della Pubblica amministrazione, di inserire competenze digitali, perché non cogliere questa occasione, valorizzando il capitale umano che già c’è ed è stato formato, indirizzando, magari, noi navigator anche su altri aspetti delle politiche attive? Penso che sarebbe un peccato non farlo”.