La procura di Roma indaga sulle presunte accuse mosse contro il presidente della Figc Gabriele Gravina, collegate al caso dossieraggio su cui indagano i pm di Perugia. L’inchiesta, attualmente senza indagati o ipotesi di reato, parte dalla segnalazione trasmessa mesi fa dalla Procura nazionale Antimafia riguardo «presunte attività illecite, come emerge dalle carte dell’indagine di Perugia, poste in essere da Gabriele Gravina». Ma il filone madre dell’inchiesta, quello sui politici e vip spiati, è coordinato dalla procura di Perugia per il coinvolgimento di un magistrato della Dna. Come e perché le informazioni su Gravina siano state acquisite dall’Antimafia è materia d’indagine della procura di Perugia, che sta lavorando al caso degli accessi abusivi ai sistemi informatici. L’ambito di indagine coordinata, invece, dal procuratore aggiunto Giuseppe Cascini è, invece, cosa ha trovato il finanziere Pasquale Striano digitando sulle banche dati il cognome del presidente della Federcalcio. Stando a quanto riportato da Repubblica, dalle carte di Perugia emerge che c’è stato un «accesso abusivo alla banca dati Siva2 in data 28 luglio 2022 per consultare eventuali ss.oo.ss (segnalazione di operazioni sospette, ndr) presenti a sistema concernenti il nominativo Gabriele Gravina».



Il 23 marzo 2023 dalla Procura nazionale Antimafia è partito un atto diretto al tribunale di Roma, firmato dal magistrato Antonio Laudati (tra gli indagati per l’inchiesta dosseraggio), in cui si «attestava falsamente che la fonte di innesco dell’attività investigativa» dell’indagine sul conto di Gravina erano «elementi informativi provenienti dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Salerno e da quest’ultima acquisiti nell’ambito di proprie attività investigative». Invece, per i pm di Perugia le cose sono andate diversamente. L’origine dell’indagine non era la procura umbra, ma le informazioni ottenute da «Emanuele Floridi» in alcuni incontri. Da qui l’accusa di falso, in quanto la condotta, per i pm, «favorivano intenzionalmente un danno a Gabriele Gravina», ipotizzando «attività illecite poste in essere dallo stesso Gravina». Anche per questo Laudati e Striano sono indagati a Perugia. A prescindere da come sia partita l’indagine che riguarda il presidente della Figc, l’inchiesta è finita a Roma per verificare se i sospetti trasmessi a Roma sono o meno fondati.



DOSSIERAGGIO, CANTONE E MELILLO VOGLIONO ESSERE ASCOLTATI DA COPASIR E CSM

Nel frattempo, i procuratori Raffaele Cantone e Giovanni Melillo, a lavoro sull’inchiesta sul caso dei politici e vip spiati dal finanziere Pasquale Striano e dal pm antimafia Antonio Laudati, dove figurano tra gli indagati anche giornalisti a cui sono stati inviati documenti riservati, vogliono parlare alle istituzioni, per fare chiarezza e spegnere l’allarme lanciato dai giornalisti indagati, che ritengono di essere vittime di una persecuzione giudiziaria. I due magistrati, inoltre, vogliono spiegare ai parlamentari del Copasir e della Commissione antimafia, e ai colleghi del Csm, cosa ritengono essere stato un possibile dossieraggio e cosa invece la sistematica violazione delle banche dati della Direzione nazionale antimafia. Per gli inquirenti umbri non c’era una reale ragione investigativa, ma l’intenzione di divulgare atti riservati e screditare politici e vip, quindi ministri, sottosegretari, calciatori e nomi noti dell’economia e dello spettacolo.



Per questo il procuratore capo di Perugia, titolare dell’inchiesta, e quello della Dna hanno chiesto di essere ascoltati da Copasir e Csm. «Consideriamo doveroso richiedere di valutare, con l’urgenza del caso, l’audizione degli scriventi al fine di rendere le informazioni sulle vicende relative al cosiddetto dossieraggio di esponenti politici», scrivono nella nota congiunta. Vogliono essere sentiti dal Copasir, perché tra i politici spiati ci sono ministri come quello della Difesa, Guido Crosetto; dal Csm, perché si sentono entrambi delegittimati e auspicano la tutela dell’organo di autogoverno dei giudici; dalla Commissione parlamentare antimafia, in quando gli accessi abusivi avvenivano dall’ufficio della Direzione nazionale antimafia preposto alla ricezione delle Segnalazioni di operazione sospette inviate dagli istituti bancari.

POLITICI E VIP SPIATI, L’OMBRA DEI FILE CANCELLATI

Da lì il finanziare Pasquale Striano ha interrogato i database, inserendo i nomi di politici e vip, spiati, visto che cercava dichiarazioni dei redditi, carte giudiziarie, transazioni finanziarie, dati anagrafici e altro. Repubblica riporta che l’indagine preliminare umbra dimostra che gli accessi avevano un timing sincronizzato con la cronaca politica e giudiziaria. Dunque, cercava atti su possibili ministri durante la formazione del governo, su personaggi al centro del dibattito pubblico, anche sportivi e persone del mondo dello spettacolo. «Quasi sempre rispondendo alle richieste di tre giornalisti del Domani, a cui poi inviava via mail le carte, come si apprende dal mandato a comparire notificato a Striano e Laudati», scrive la testata. Gli indagati sono 16, gli accessi ai database ritenuti abusivi in quanto privi di input investigativi o di Sos che li giustificassero sono 800, ma potrebbero essere anche di più.

Inoltre, il sospetto degli inquirenti di Perugia è che tante prove dei contatti tra Striano e i beneficiari dei documenti potrebbero essere state eliminate dal suo telefonino e dal suo pc prima della perquisizione domiciliare, disposta peraltro in maniera inusuale dai pm di Roma, secondo Repubblica, perché è avvenuta dopo l’interrogatorio. Pertanto, quando si sono recati a casa sua, il finanziere sapeva di essere indagato e avrebbe avuto tempo di cancellare molte cose. Il fascicolo all’inizio era stato aperto a Roma dopo la denuncia del ministro Crosetto, la cui dichiarazione dei redditi era stata pubblicata, poi è passato a Perugia per competenza, alla luce del coinvolgimento del magistrato Laudati.