Si è acceso l’allarme valanghe nella politica italiana, ma la primavera alle porte non c’entra. È presto per dire se il caso del luogotenente della Guardia di finanza Pasquale Striano rappresenti il classico granellino che si trasforma in una slavina rovinosa, ma le premesse ci sono tutte. Ottocento e più accessi abusivi (o presunti tali) a notizie riservate di carattere finanziario rappresentano un fatto clamoroso, specie perché la lista di coloro su cui sono state raccolte informazioni è impressionante. Si va dai ministri Crosetto (autore dell’esposto che ha dato il via all’indagine), Urso e Lollobrigida, si arriva a Palazzo Chigi, al sottosegretario Fazzolari, e poi vari esponenti politici come il leghista Durigon, Rampelli di FdI, gli ex premier Renzi e Conte, i governatori di Lombardia e Calabria, Fontana e Occhiuto, il presidente della Federcalcio Gravina, l’ex presidente della Juventus Andrea Agnelli, l’allenatore Allegri, sino ad arrivare a Fedez e all’imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone.



A gettare una luce sinistra sulla vicenda il fatto che fra i quindici indagati con il sottufficiale delle Fiamme Gialle ci sono anche un sostituto procuratore della DDA, Antonio Laudati, e alcuni giornalisti, che potrebbero essere il terminale delle informazioni riservate, o almeno di una consistente parte di queste. Un mix assolutamente esplosivo.



Che il caso sia destinato ad approdare in parlamento è ormai evidente. Non potrà che infiammare ancor di più il già dirompente tema della riforma della giustizia. Perché la politica si sente sotto attacco, tutta la maggioranza, ma non solo. Da qui si comprende la mossa del procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo e di quello di Perugia Raffaele Cantone (titolare dell’indagine), che hanno giocato d’anticipo, chiedendo di essere ascoltati dal CSM, dal Copasir e dalla commissione parlamentare Antimafia.

L’incendio, però, già divampa. È troppo tardi per cercare di spegnerlo. E i fronti sono numerosi. C’è l’aspetto di indagini non formalmente aperte, anzi di ricerca di informazioni per aprirle. Una versione aggiornata della cosiddetta “pesca a strascico” giudiziaria. Ma è una tecnica oltre il limite della legalità: come si può procedere a raccogliere elementi “sensibili” o a intercettazioni senza la preventiva autorizzazione di un magistrato? Se questo modus operandi venisse provato, sul banco degli accusati finirebbe la stessa DNA, e non a caso c’è chi, come Gasparri, già sollecita una ispezione ministeriale all’ufficio che dovrebbe rappresentare la punta di diamante della lotta alla criminalità organizzata. Un’ispezione, si sa, potrebbe preludere all’avvio di azioni disciplinari.



Anche la Guardia di finanza è già nell’occhio del ciclone, con la Lega che chiede di convocarne in parlamento i vertici. Persino se si trattasse di raccolta di informazioni per uso privato sarebbe grave, considerato il rilievo delle persone “spiate”, e i periodi (in particolare il momento della formazione del governo di centrodestra, negli ultimi mesi del 2022). Se poi vi fossero dietro disegni più complessi, il caso potrebbe davvero trasformarsi in una valanga.

Come se non bastassero magistratura e GdF, sotto la lente d’ingrandimento è anche il rapporto fra inquirenti e alcuni giornalisti. Se fosse vero il passaggio di informazioni riservate a specialisti del giornalismo d’indagine – indagini per lo più mono-direzionali –, la cosa sarebbe inquietante. È quel che teme un giornalista diventato politico come Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera in quota Forza Italia, che parla di “indicibile verminaio”. Il sospetto lo hanno anche dalle parti di Azione e Italia Viva. Renzi denuncia uno “scandalo da dittatura sudamericana”. Solo Pd e verdi (in compagnia dell’Usigrai) al momento difendono i giornalisti sotto inchiesta, sostenendo che abbiano fatto solo il loro lavoro. Più imbarazzo fra i 5 Stelle, perché fra gli spiati figurano Conte e la sua compagna, Olivia Palladino.

A questo punto, o l’indagine verrà rapidamente ridimensionata, altrimenti si aprirà un’autentica questione democratica. I cittadini, tutti i cittadini, politici compresi, hanno il diritto di sentirsi al riparo da indagini che non siano condotte secondo tutte le garanzie previste dalla Costituzione.

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