Luciano Pollichieni, analista della Fondazione Med-Or di Leonardo, è un esperto di Africa. Sulle pagine di Libero, affronta il tema dei golpe, che “sono uno degli effetti di una più generale crisi delle democrazie, ma nel caso africano bisogna fare alcune distinzioni, nel senso che il golpe non è l’unica realtà che descrive la presenza dei militari in politica. Militari e paramilitari in Sudan, ad esempio, sono due entità in lotta per il potere. Se però guardiamo alla cartina dei colpi di Stato più recenti è evidente che sono anche indice di una crisi delle ex-colonie francesi“.
L’esperto non ha dubbi: ciò che hanno in comune questi Paesi, è l’essere stati sotto il dominio francese. “Non ho sentimenti di particolare antipatia di nessun tipo nei riguardi della Francia o dei francesi, ma devo constatare che gli eredi dell’Africa francese sono le democrazie più fragili, o comunque più in difficoltà in questo momento”. Secondo Pollichieni, “Le colonie francesi pagano il fatto di essere state amministrate in maniera diversa da quelle britanniche, dove l’indirect rule aveva lasciato in eredità delle forme di classe dirigente. Ma c’è anche il fatto che probabilmente l’idea di emulare la madre-patria, e quindi di proporre questi sistemi presidenziali con delle verticali del potere molto nette, non corrisponde alle necessità delle popolazioni africane, che invece hanno bisogno di sistemi che rendano la gestione del potere più condivisa”.
Colpi di Stato, non tutti uguali
Tra Niger e Gabon, che hanno subito due colpi di Stato, ci sono però differenze. A spiegarle è proprio Luciano Pollichieni a Libero: “Tecnicamente sono entrambi Paesi dove un presidente che ha vinto le elezioni viene deposto dalla Guardia Presidenziale. Però in Niger il presidente era venuto da una elezione sicuramente più libera, all’interno di un sistema elettorale che specialmente in ambito parlamentare incoraggia alla coabitazione tra partiti diversi. In Gabon c’era un sistema che per quanto possa essere passato attraverso diverse elezioni era retto da una famiglia che costruisce il proprio potere su un ambito familistico tribale”.
Come spiegato ancora dall’analista della Fondazione Med-Or di Leonardo, “Nel corso degli anni la dinastia Bongo ha anche adottato delle posture politiche abbastanza coraggiose ma è evidente che il sistema non corrispondeva più alle necessità di una popolazione giovane che vuole partecipare attivamente alla vita politica del Paese. C’era pure il problema di un presidente malato ma che pur essendo tale non voleva mollare il potere. Si è ricandidato e ha vinto queste elezioni già denunciate nelle prime ore dello spoglio dalle opposizioni. In questo contesto l’esercito, che aveva già provato a defenestrarlo nel 2019, ha visto un momento consono e ad hoc per inserirsi. Adesso però subentra il problema serio. Cosa sarà di questo golpe? Un’altra situazione in cui l’esercito gestirà il potere? Si farà la transizione? Questi sono gli interrogativi che si aprono adesso e che vanno affrontati”.