Il polline è un alleato del Covid-19? La clamorosa rivelazione giunge da uno studio eseguito da un’équipe di ricercatori internazionale, coordinato dall’Università tecnica di Monaco di Baviera, secondo cui il polline che in primavera viene trasportato dalle correnti d’aria contribuirebbe ad accrescere il rischio di infezioni da Coronavirus. Un lavoro pubblicato recentemente su “Pnas” e che ha trovato eco mediatica in Italia grazie al lavoro di Wired.it, che riporta un’affermazione che, se confermata, sottolineerebbe la pericolosità della stagione primaverile: il polline indebolirebbe la risposta immunitaria e rendere l’uomo decisamente più vulnerabile agli attacchi alle vie aeree da parte di virus respiratori, fra i quali spicca ovviamente quello che sta tenendo sotto scacco l’intero orbe terracqueo.



Una conclusione alla quale i ricercatori sono arrivati esaminando i dati inerenti alla concentrazione di polline registrate da 130 stazioni disseminate in trentuno nazioni differenti e confrontandoli con le statistiche riguardanti il numero di casi di Coronavirus giornalieri e il totale dei tamponi positivi, calcolando con, in media, il 44% dei nuovi contagi sia legato ad altri fattori ambientali, tra cui temperatura, umidità e, appunto, polline.



IL POLLINE FAVORISCE LE INFEZIONI DA COVID?

Come si legge sulle autorevoli colonne di Pnas (e ripreso da Wired.it), le nuove infezioni hanno la tendenza ad aumentare a distanza di quattro giorni da una circolazione elevata del polline. In alcune città della Germania, ad esempio, sono state individuate concentrazioni fino a 500 granuli di polline per metro cubo al dì, che hanno contribuito a incrementare i tassi di nuove infezioni di oltre il 20%. “Quando si studia la diffusione del Coronavirus, è necessario tenere conto di fattori ambientali come il polline – ha asserito Athanasios Damialis, co-autore dello studio –. Una maggiore consapevolezza di questi effetti è un passo importante per prevenire e mitigare l’impatto del Covid-19″. Oltretutto, il fatto di essere allergici o meno al polline questa volta non rappresenta una discriminante decisiva, dal momento che a preoccupare gli studiosi è il fatto che il nostro sistema immunitario è reso più debole dal polline, dal momento che, se le concentrazioni di polline sono elevate e i granuli vengono inalati insieme alle particelle virali, “è possibile che vengano attivati meno interferoni. Va da sé, quindi, che, nei giorni con un’elevata concentrazione, si possa registrare un aumento del numero di infezioni respiratorie”. Sarebbe dunque utile rimanere in casa nei giorni in cui le previsioni segnalano un’elevata presenza di polline nell’aria.

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