Dopo aver approvato ad inizio 2021 la nuova legge sull’aborto, con notevole stretta rispetto alle pratiche presenti nel resto dell’Europa (Italia compresa), la Polonia torna nuovamente a far discutere sul tema delle interruzioni di gravidanza.

Il Parlamento di Varsavia è chiamato in queste ore a decidere sulla nuova proposta di legge presentata dal movimento popolare Pro-Right do Life Foundation che mira a rendere ancora più severe e restrittive le norme sull’aborto in Polonia. Si tende a definire l’aborto come un omicidio a tutti gli effetti (richiamando anche le parole di Papa Francesco degli ultimi mesi, ndr): dall’istante del concepimento l’embrione verrebbe considerato bambino, per dunque chiunque privasse di vita un «bambino concepito», si legge nella proposta, «rischierebbe dai 5 ai 25 anni di carcere» e in alcuni casi anche l’ergastolo. L’Ue e le Ong gridano al “golpe umanitario”, parlando di ennesimo affronto ai diritti delle donne, incolpando il Governo di destra di Varsavia. In realtà lo stesso partito di Governo – Diritto e giustizia (Pis) – si è detto contrario alla legge popolare, «Con questa iniziativa si fa un regalo ai movimenti pro-aborto», ha dichiarato Anita Czerwinska portavoce del Pis al Sejm.



NUOVA STRETTA SULL’ABORTO? COSA SUCCEDE

Diverse sono stat le manifestazioni pro-aborto in questi giorni in tutte le piazze principali della Polonia, da Varsavia a Cracovia, passando per Breslavia, Katowice e altre. Migliaia di donne si sono scagliate contro i “teocon” della fondazione Pro, in contrasto con gli attivisti che invece hanno sparso vernice rossa davanti alla sede del Ministero della Salute e dello stesso partito conservatore, contrario al progetto di legge. «Il disegno di legge che cerca di equiparare l’aborto all’omicidio è l’ultimo di un’ondata di attacchi crudeli e discriminatori ai diritti umani delle donne da parte dei legislatori polacchi che sta mettendo a maggior rischio la salute e la vita di donne, ragazze e persone che hanno bisogno di un aborto» è il commento molto duro di Esther Major, Amnesty International per l’Europa. Ad oggi in Polonia – secondo l’ultima sentenza del Tribunale Costituzionale di fine 2020 – è bandito l’aborto terapeutico e l’interruzione di gravidanza è concessa in soli due casi: quando è a rischio la vita della madre oppure quando esiste il sospetto fondato che la gravidanza sia il risultato di violenza sessuale. La proposta di legge di “Pro” punta però anche ad altre misure, già molto discusse e contrastate dalle associazioni pro-choice e Lgbtq: si vuole creare un “Istituto familiare e demografico” con lo scopo di aumentare il tasso di natalità della Polonia. Viene già descritto in pratica come un organismo che potrebbe tenere un registro delle gravidanze in modo da limitare il più possibili aborti: il Ministro della Salute del Governo Morawieck ha però smentito su tutta la linea, «nessun registro delle gravidanze, il Governo sta solo effettuando un passaggio dai file cartacei a quelli digitali».



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