La riforma della giustizia della Polonia del 2019 è stata bocciata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea. «Le misure sono incompatibili con le garanzie di accesso a un tribunale indipendente e imparziale», recita la sentenza. Dunque, la riforma della giustizia polacca viola il diritto europeo perché mina il diritto di accesso a un sistema giudiziario indipendente e imparziale. Dunque, è stato accolto il ricorso della Commissione Ue, secondo cui il provvedimento polacco rappresenta una minaccia per l’indipendenza dei giudici. Lo ha annunciato la stessa Corte Ue in una nota.
Il 14 luglio 2021 era stata ordinata la sospensione delle norme dal giudice europeo, in particolare quelle relative alle competenze della camera disciplinare della Corte suprema. Nell’ottobre 2021 la Corte aveva comminato una multa da un milione di euro al giorno per non aver sospeso la camera disciplinare. La multa fu poi dimezzata nell’aprile scorso, dopo il parziale adempimento da parte della Polonia. «Il valore dello Stato di diritto è parte integrante dell’identità stessa dell’Unione europea come ordinamento giuridico comune e si concretizza in principi contenenti obblighi giuridicamente vincolanti per gli Stati membri», dichiara la Corte di giustizia Ue, secondo cui la Polonia non ha rispettato questi obblighi.
PERCHÈ RIFORMA GIUSTIZIA POLONIA È STATA BOCCIATA
La controversa riforma della giustizia modificava i rapporti tra i tribunali polacchi, in quanto impedisce ai giudici di mettere in discussione l’imparzialità reciproca e di rivedere la legittimità delle rispettive nomine. Inoltre, introduceva pure un organismo apposito, la cosiddetta camera disciplinare nella Corte Suprema, per punire i giudici in base alle loro sentenze, con il rischio di influenzarne significativamente le decisioni. Tra le possibili sanzioni anche la riduzione dello stipendio, la sospensione temporanea delle funzioni e la revoca dell’immunità per consentire l’avvio di un procedimento penale. Invece per la Polonia è un sistema necessario per eliminare l’influenza dall’era comunista e reprimere la corruzione. La Corte di giustizia Ue, oltre a ribadire la sua posizione sui poteri punitivi della camera, contesta anche l’obbligo per i giudici di fornire dati personali, come l’appartenenza a partiti politici e l’affiliazione a Ong. «La pubblicazione online di informazioni relative alla passata appartenenza a un partito politico non è, nel caso di specie, appropriata per raggiungere il presunto obiettivo di rafforzare l’imparzialità dei giudici», sostiene la Corte. Anzi, la divulgazione rischia di «esporre i giudici a rischi di indebita stigmatizzazione, influenzando ingiustificatamente la percezione di quei giudici da parte degli individui e del pubblico in generale».
LA BATTAGLIA TRA LE ISTITUZIONI EUROPEE E LA POLONIA
Questo è solo uno dei tanti contenziosi tra le istituzioni europee e il governo polacco. Le prime insistono sul fatto che Varsavia si trovi su un pendio scivoloso, perché si sta allontanando dai principi dello stato di diritto europeo. Solo la scorsa settimana, Usa e il massimo funzionario della giustizia dell’Ue hanno mosso critiche alla Polonia per il progetto di un’altra legge che potrebbe impedire agli oppositori politici di ricoprire cariche pubbliche senza un pieno ricorso legale. L’Ue ha minacciato di adottare misure visto che tale legge minerebbe gli standard democratici. Ma le critiche vengono mosse dagli stessi polacchi, che in centinaia di migliaia hanno marciato domenica per una protesta antigovernativa nella capitale. Gli organizzatori hanno stimato che 500mila persone hanno preso parte alla manifestazione, probabilmente la più grande degli ultimi decenni, per esprimere la loro rabbia contro funzionari che avrebbero eroso le norme democratiche e messo i presupposti per seguire le orme di Ungheria e Turchia. Nel frattempo, le autorità polacche hanno già dovuto pagare circa 550 milioni di euro di multe da ottobre 2021, quando è partito il sistema delle multe giornaliere, poi dimezzate.