Si è insediato in Polonia il nuovo Governo, guidato da Donald Tusk, già primo ministro dal 2007 al 2014 e presidente del Consiglio europeo dal 2014 al 2019. La nomina è stata accolta con grande soddisfazione a Bruxelles, come dimostra il commento di Ursula von der Leyen: “La sua esperienza e il suo forte impegno nei confronti dei valori europei saranno preziosi per forgiare un’Europa più forte, a beneficio del popolo polacco. Non vedo l’ora di lavorare con lui, a partire dall’importante Consiglio europeo di questa settimana”. Una dichiarazione peraltro comprensibile, visti i numerosi conflitti con il precedente Governo e il conseguente blocco dei consistenti finanziamenti previsti per la Polonia.
Le elezioni di ottobre hanno registrato una partecipazione record del 74,4%. Il partito al governo negli ultimi otto anni, Diritto e Giustizia (PiS) guidato da Mateusz Morawiecki, ha ottenuto la maggiore percentuale di voti, 35,4% in discesa dal 43,6% del 2019, contro il 30,7% della Coalizione Civica di Tusk (27,4% nel 2019). L’alleanza con altri due partiti, Terza Via e Sinistra, ha però permesso a Tusk di ottenere la maggioranza in Parlamento.
Nel suo primo discorso ufficiale, Tusk ha affermato la radicale diversità del suo Governo rispetto a quello che lo ha preceduto, con la ripresa di un ruolo centrale nell’Unione Europea, così come nella Nato, e il rafforzamento dell’alleanza con gli Stati Uniti. Tusk ha accusato il precedente Governo di aver marginalizzato la Polonia, di aver monopolizzato la televisione pubblica e di aver discriminato minoranze, donne, omosessuali, musulmani. Meno netto il discorso sull’immigrazione, dove ha ribadito la necessità di proteggere i confini del Paese, sottolineando però la possibilità di un approccio “umano”. Il riferimento è ai modi brutali con cui la polizia spesso ha respinto i migranti alla frontiera con la Bielorussia.
Elemento centrale del discorso è l’impegno a risolvere i punti di conflitto con Bruxelles, a partire dai rapporti tra Esecutivo e magistratura, messi in crisi dal precedente Governo, per continuare con il riconoscimento dei diritti degli omosessuali e l’eliminazione dei limiti all’aborto, molto stretti in Polonia. Insomma, ciò che pare essere l’essenza di questa conclamata Unione Europea. Una strada che potrebbe essere in salita per Tusk, perché anche all’interno della coalizione non tutti la pensano come a Bruxelles. Inoltre, il presidente della Repubblica Andrzej Duda è un esponente del PiS e può porre il veto sulle leggi.
La posta in gioco è notevole, dato che i fondi bloccati sul Recovery Fund ammontano, tra sussidi e prestiti, a circa 60 miliardi di euro da spendere entro il 2026. Vi sono poi i cosiddetti “fondi di coesione”, il cui bilancio pluriennale 2021-2027 prevede per la Polonia 75 miliardi di euro, il dato più alto fra i 27 Paesi membri. Bruxelles ha già espresso il suo appoggio al nuovo Governo con l’intenzione di sbloccare una prima rata di 5 miliardi di finanziamenti.
Tusk ha espresso la massima solidarietà all’Ucraina, su questo in sintonia con il precedente Governo e dovendo affrontare le stesse difficoltà, date le contestazioni degli agricoltori polacchi alla concorrenza ucraina e con gli autotrasportatori polacchi che bloccano da più di un mese il confine con l’Ucraina. Una protesta contro la liberalizzazione del trasporto internazionale esteso dall’UE anche agli ucraini. Sintomi della difficilissima strada che attende la prospettata adesione dell’Ucraina alla Unione Europea.
Nel suo discorso Tusk ha dato una rilevanza particolare al manifesto di Piotr Szczęsny, il chimico polacco morto nel 2017 dandosi fuoco in una piazza di Varsavia per protesta contro il Governo di PiS, guidato allora da Beata Szydlo. Un evento che rimanda a un fatto simile accaduto sempre a Varsavia nel 1968, quando Ryszard Siwiec si diede fuoco per protestare contro l’invasione sovietica della Cecoslovacchia che pose fine alla “Primavera di Praga”. Un gesto non molto conosciuto in Occidente, dove è più noto Jan Palach, il giovane cecoslovacco che si diede fuoco nel 1969 a Praga per protesta contro il regime.
Per quanto si possano ritenere inclini all’autoritarismo i governi di Diritto e Giustizia, sembra tuttavia eccessivo un parallelo con i regimi comunisti del periodo sovietico, anche se è probabilmente un argomento di grande efficacia su popoli, come quello polacco, che quella repressione l’hanno vissuta per decenni. Peraltro, i “valori” cosiddetti europei, diritto all’aborto, LGBT, sembrano aver più corso tra i giovani, che poco hanno vissuto la dominazione sovietica. Rimane più evidente il sentimento nazionale, quando non nazionalistico, da cui credo non sfuggano neppure Tusk e il suo partito.
Sotto questo profilo, la Polonia non avrà problemi nell’Ue, basta guardare a Germania e Francia, solo per fare qualche esempio.
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