Esiste una correlazione tra concentrazione di polveri sottili nell’atmosfera e diffusione e letalità del coronavirus? Questa la domanda a cui Report, il programma di Rai 3 condotto da Sigfrido Ranucci, ha provato a rispondere nella puntata in onda lunedì 13 aprile. Com’è noto, le deiezioni di mucche e suini generano ammoniaca, che favorisce l’aumento particolato. I dati Arpa Lombardia confermano che in corrispondenza delle autorizzazioni a rilasciare deiezioni tra il 7 e il 25 febbraio corrispondeva un aumento delle Pm10. A questo fenomeno sarebbe legato anche un aumento del contagio del coronavirus: è quanto emerge da un position paper promosso dall’associazione dei medici per l’ambiente SIMA, realizzato dalle Università di Bari e Bologna, che hanno correlato i dati raccolti dalle agenzie regionali ambientali con le zone di diffusione del virus. Non è d’altronde la prima volta che un legame simile viene appurato: uno studio realizzato dalle università di Pechino, Shangai e San Diego ha analizzato tra il 2012 e il 2016 l’area inquinata di Pechino isolando 106 campioni di Pm 2.5 e Pm10 scoprendo che il 4% dei microrganismi era formato da virus.



CORRELAZIONE TRA POLVERI SOTTILI E CORONAVIRUS?

A sostegno della correlazione tra polveri sottili e coronavirus interviene anche lo studio di Harvard guidato dall’italiana Francesca Dominici, che ha visto come su 3080 contee degli Stati Uniti il tasso di mortalità da coronavirus aumenta del 15% laddove l’inquinamento è più diffuso. Il presidente dell’Istituto superiore di sanità, Silvio Brusaferro, interpellato al riguardo, ha lasciato intendere come il problema delle polveri sottili fosse noto alla comunità globale da prima che il nuovo coronavirus facesse la sua comparsa:”Ci sono una serie di evidenze che abbiamo da prima, come la correlazione tra polveri sottili e malattie respiratorie. Il dato che si sta esplorando in questi giorni è un po’ più ampio. È un tema che va analizzato e approfondito“, ha dichiarato qualche giorno fa. D’altronde anche la Convenzione quadro delle Nazioni Unite ha appurato che se tutte le mucche del globo fossero considerate come uno Stato questo sarebbe il terzo in classifica dopo Cina e Stati Uniti per emissioni di gas serra. Anche la FAO sostiene che il bestiame è una delle cause principali del cambiamento climatico. Secondo i ricercatori del Worldwatch Institute il bestiame è il responsabile del 51% delle emissioni globali annue di anidride carbonica. Il paradosso, conclude Report, è che secondo un’inchiesta di Greenpeace 25 milioni di euro di finanziamenti europeo finiscono nelle tasche dei 495 allevatori più inquinanti d’Italia.



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