“L’inizio della stagione sembra promettente: il ponte dell’Immacolata registra già quasi ovunque il tutto esaurito. La neve è arrivata, anche se abbiamo dovuto in larga parte anche produrla. Probabilmente dovremo ancora integrare qualcosa, con la spiacevole conseguenza che le bollette saranno quindi altissime. Abbiamo però la percezione che la gente, in particolare gli italiani, abbia voglia di uscire di casa, e la montagna è davvero una destinazione ideale.



Anche gli stranieri sembrano davvero intenzionati a voler tornare. Nell’insieme, insomma, è un quadro positivo per gli afflussi (pur sempre condizionati dal meteo), mentre per i costi bisognerà attendere: solo più avanti nella stagione potremo fare i conti e verificare le nostre marginalità, che si prevedono in forte calo”. Il quadro sull’inizio di stagione invernale per la montagna è tracciato da Valeria Ghezzi, già presidente di Anef, l’associazione nazionale esercenti funiviari, aderente a Confindustria, e poche settimane fa, a Ruka, in Finlandia, eletta all’unanimità presidente di Fianet, Fédération Internationale des Associations Nationales d’Exploitants de Téléphériques, che riunisce le associazioni funiviarie europee di Francia, Germania, Finlandia, Andorra, Italia, Spagna, Norvegia, Polonia, Austria, Svezia, Svizzera e Slovenia.



Tutto è pronto, dunque, per il lungo ponte dell’Immacolata in quota. Ma non solo: saranno più di 12 milioni gli italiani che si metteranno in viaggio. Il 94,1% (contro il 92,3% dello scorso anno) resterà in Italia, mentre solo il 5,9% andrà all’estero (contro il 7,7% del 2021). E il 70,2% di chi resterà in Italia si muoverà nella stessa regione di residenza. In Italia si sceglierà soprattutto la montagna (28,5%), le località d’arte (27,8%), e di mare (13,1%). Seguono poi i laghi (5,3%) e le località termali (5%). Per chi andrà all’estero, le mete più ambite saranno le grandi capitali europee (76,5%).



L’81,3% degli intervistati dichiara che le proprie decisioni sono state influenzate dall’inflazione e dal caro bollette. Altrettanto rilevante (79,8% dei casi) il conflitto in Ucraina. La ricerca del relax è il movente che spinge la maggior parte degli italiani (63,1%) a concedersi una vacanza in questo ponte. Al secondo posto (29,1%) è il desiderio di ricongiungersi con i propri familiari, seguito dalla voglia di divertimento (22,7%). La casa di parenti e amici (33,4%), insieme ad alberghi e villaggi turistici (28,9%) sarà l’alloggio prescelto dalla maggior parte dei vacanzieri; a seguire i bed & breakfast (14,4%), le case di proprietà (9,2%), gli agriturismi (3,6%) e il soggiorno in appartamenti in locazione breve (2,2%). La durata media del soggiorno sarà di 3,5 notti fuori casa.

La spesa media si attesterà sui 435 euro a persona (407 euro per chi trascorrerà la vacanza in Italia e 785 per andrà all’estero), suddivisa tra tutte le componenti della filiera: il 29,6% del budget è destinato ai pasti, il 27,1% al pernottamento, il 22,3% ai viaggi e il 13,9% allo shopping. Il giro d’affari complessivo si attesterà su circa 4,14 miliardi di euro. Il 43,4% degli intervistati dichiara di contattare direttamente l’hotel per prenotare il soggiorno, mentre il 44,6% effettuerà la prenotazione tramite i portali. In occasione di questo 8 dicembre si è riscontrato un comportamento molto determinato sulle prenotazioni che sono state effettuate con largo anticipo: il 35,2% ha prenotato tre settimane prima e quasi un 30% ha prenotato con un mese di anticipo.

L’analisi è frutto del lavoro dell’Istituto ACS Marketing Solutions per Federalberghi su un campione di 3.000 italiani. E proprio da questi risultati emerge qualche fattore che da tempo non veniva più registrato, anzi. Come ad esempio “un ritorno all’antico – dice Bernabò Bocca, il Presidente dell’associazione -: a giudicare dai dati, gli italiani hanno ricominciato a prenotare con un certo anticipo, strutturandosi in modo molto più solido prima di affrontare una vacanza e dimostrando maggiore determinazione nella realizzazione del viaggio”. “Certo, dobbiamo guardare in faccia la realtà, e cioè che la stragrande maggioranza delle scelte è stata fortemente condizionata dal proseguire del conflitto in Ucraina e dai conseguenti e drammatici rincari energetici che stiamo tutti vivendo”.

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