Continua la vicenda processuale sul crollo del ponte Morandi di Genova che vede 59 imputati totali rispondere a vario titolo per il drammatico incidente che ha causato 43 vittime e danni incalcolabili che, solo per l’aspetto prettamente commerciale della perdita di introito per le aziende locali coinvolte ammontava nel 2019 ad oltre 400 milioni di euro. A processo, però, 10 imputati per il crollo del ponte Morandi, tra cui Giovanni Castellucci (l’ex amministratore delegato di Autostrade per l’Italia), Paolo Berti e Michele Donferri Mitelli (top manager dell’azienda autostradale) hanno confermato di aver raggiunto un accordo per un risarcimento con 193 delle parti civili che si sono costituite, tra individui, attività commerciali e associazioni sindacali.
Ponte Morandi: Castelluci e 9 imputati risarciscono 193 parti civili
Insomma, sul crollo del ponte Morandi, poco dopo l’apertura dell’effettivo processo a carico dei 59 imputati, 10 tra questi (tra i quali Giovanni Castellucci) hanno raggiunto un accordo per un risarcimento con le 193 parti civili. Il valore del risarcimento inizialmente doveva essere “coperto da riservatezza”, ma si è poi scoperto che si aggirerebbe attorno ai 5 milioni di euro, in larga parte versati da Castellucci, pari peraltro ad una media del 10/20% rispetto alla cifra effettivamente chiesta dalle parti quando si erano costituite.
Con l’accordo raggiunto, coloro che hanno subito danni materiali per il crollo del ponte Morandi e hanno accettato il risarcimento dovranno revocare la costituzione in parti civili nei confronti dei 10 imputati interessati, mentre rimane aperta la possibilità di proseguire per vie legali rispetto ai restanti 49 imputati. L’accordo, inoltre, specifica chiaramente che il risarcimento non rappresenta “in alcun modo una, anche implicita, ammissione di colpa” per quanto avvenuto al ponte Morandi, “ma solo un attimo di disponibilità nei confronti di un numero rilevante di individui, famiglie, piccole attività e associazioni”. Di fatto, con questa strategia Castellucci & co puntano alla possibilità, in caso di condanna, di ottenere un qualche sconto di pena a fronte della loro “generosità”. Strategia che, probabilmente, sarà utilizzata anche in sede del processo bis (la cui data di inizio è ancora del tutto ignota) che include anche alcuni ex vertici di Apsi e Spea, accusati a vario titolo per i falsi report sui viadotti, per le barriere antirumore pericolose, per il crollo ella galleria Bertè e per il mancato rispetto nelle norme UE sulla sicurezza nei tunnel.