Si inaugura il Ponte San Giorgio a Genova: giusto non fare una festa, perché il ricordo di 43 morti non si deve cancellare, ma giusto anche dare importanza all’evento con una cerimonia, perché non c’è stata solo la “caduta”: c’è stata anche la capacità di reagire e risollevarsi, costruendo un’opera di grande ingegneria in tempi eccezionalmente brevi per il nostro Paese.



È su questo aspetto che ci sembra doveroso puntare l’attenzione, non solo per riconoscere il merito a chi ha reso possibile questa impresa, ma, soprattutto, per trarne una lezione indispensabile per affrontare con profitto la fase di rilancio delle opere pubbliche, resa necessaria dalla crisi economica post Covid-19 e resa possibile dai miliardi messi a disposizione dal Recovery fund europeo.



Vediamo quali sono stati gli elementi che hanno reso possibile questa realizzazione: 1) la nomina di un “Commissario Straordinario”, con ampi poteri di derogare “ogni disposizione di legge diversa da quella penale, fatto salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia”. 2) A supporto del Commissario è stata istituita una struttura di supporto di 20 persone poste alle sue dirette dipendenze. 3) La qualità personale del Commissario: Sindaco di Genova, eletto con oltre il 55% dei voti, due lauree scientifiche e oltre trent’anni di esperienza a livello internazionale come manager di imprese chimiche e farmaceutiche. 4) La qualità personale dell’ispiratore del progetto, Renzo Piano, progettista affermato a livello mondiale che ha delineato le caratteristiche del nuovo ponte, rendendo possibile il ricorso alla procedura negoziata. 5) Scelta dei costruttori mediante appalto pubblico con procedura negoziata: come si legge dalla relazione ufficiale, “non vi è stata alcuna selezione di offerte conseguenti a procedure competitive, avendo il Commissario proceduto all’aggiudicazione mediante procedura negoziata senza previa pubblicazione di bandi o avvisi, attingendo direttamente dal mercato, previamente consultato, nel rispetto degli artt. 32 e 40 della Direttiva 2014/24/UE”. Una procedura prevista dalle norme europee, ma impossibile da attuare in Italia senza le deroghe concesse al Commissario. 6) Nessuno spazio per le pratiche di contenzioso che fanno lievitare tempi e costi di costruzione; si legge infatti: “Valore dell’appalto è duecento e due milioni, a corpo, tutto compreso e nulla escluso, fisso e immutabile, al netto dell’Iva”.



Questa vicenda virtuosa risalta ancora di più se collocata nel contesto delle opere pubbliche italiane, descritto in modo drammatico nelle poche righe conclusive dell’audizione della Corte dei Conti al Senato, in occasione della discussione del Decreto Semplificazioni. La Corte segnala: 1) la iperregolamentazione della materia e il problema connesso all’elevata mole di contenzioso generato; 2) l’esistenza di oltre 39.784 stazioni appaltanti; 3) la limitata capacità tecnica di molte di esse; 4) la presenza di operatori economici poco rispettosi dell’etica professionale; 5) la complessità burocratica, con creazione di rapporti di forza non paritari tra i funzionari delle stazioni appaltanti e gli operatori economici; 6) infiltrazioni criminali e pratiche corruttive.

Finora si è cercato di far fronte a questi problemi aumentando la complessità delle norme, con il risultato di generare, come dice la Corte, un’elevata mole di contenzioso che ferma tutto. Interessante invece ricordare che il Ministro Tria, al Meeting di Rimini dell’anno scorso, disse con grande chiarezza: “Dobbiamo cambiare le regole: avevo lanciato la proposta che per un periodo si tornasse alla direttiva europea, eliminando quell’insieme di regole che vi abbiamo messo sopra”.

L’esperienza di Genova ci dice che la normativa europea può bastare se gestita da persone di qualità a cui viene assegnato il compito di decidere, assumendo pubblicamente la responsabilità delle scelte fatte. Persone di qualità in Italia non mancano, nelle imprese come nelle istituzioni: dobbiamo ripartire dallo standing, personale e professionale, di chi è chiamato a decidere nel comune interesse, standing che deve essere documentato da un’adeguata storia personale e professionale. Il resto viene da sé: avete mai sentito il Commissario Bucci fare polemica, prendere le difficoltà (che pure ci sono state) per darsi un alibi o vantarsi per i propri successi?