Le premesse ci sono tutte: per il Ponte sullo Stretto, figura mitologica, le tonnellate di carta bollata supereranno di gran lunga quelle di cemento. E infatti, non si è ancora posta la prima pietra che parte la prima inchiesta della magistratura su impulso dei parlamentari Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni di Alleanza Verdi e Sinistra e della segretaria del Pd Elly Schlein.



Nell’esposto che inviano alla Procura di Roma i firmatari si dicono preoccupati della bontà del progetto che ritengono mal congegnato sotto il profilo tecnico e inutile dal punto di vista pratico dal momento che “gli italiani” – dichiarano i tre interpretando il volere dei connazionali – hanno bisogno di ben altre opere pubbliche. Bene, il piatto è servito. E va gustato caldo.



Fuori di metafora, l’indagine può partire. Ma non si capisce bene quale sia il reato da perseguire, tanto è vero che il pubblico ministero Alessia Natale – destinataria del fascicolo – ha il compito di individuarlo potendo contare sull’efficiente collaborazione della Guardia di finanza. Per precisione, affidandolo al nucleo che ha già investigato sulle presunte malefatte in ambito Anas di Denis e Tommaso Verdini.

È chiaro che il bersaglio di tanto attivismo sia il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, che si è orgogliosamente intestato la faraonica realizzazione promettendo di connettere alla terraferma i cinque milioni di siciliani finora sprovvisti di collegamento veloce e di creare almeno centomila posti di lavoro. Incaricata della costruzione la Webuild di Pietro Salini.



Da qualsiasi parte si guardi alla vicenda, appare chiaro che si appresti il classico processo alle intenzioni. Bonelli protesta perché, fa sapere, gli si nega l’accesso alla documentazione e dunque il sospetto che ci sia qualcosa da nascondere, secondo lui, appare fondato. L’amministratore delegato della società concessionaria Stretto di Messina, Pietro Ciucci, spiega che si tratta di un equivoco. Ai tempi della richiesta, racconta a beneficio dei cronisti, l’aggiornamento del piano era sottoposto alla valutazione e all’eventuale approvazione del proprio consiglio di amministrazione e dunque non era materialmente disponibile e divulgabile a terzi. Lo diventerà a breve e tutti, addetti ai lavori e cittadini, potranno ottenere le informazioni che desiderano avere.

Si rafforza dunque la pista dell’attacco politico e non è la prima volta – purtroppo non sarà l’ultima – che materie destinate al dibattito in aula tra deputati e senatori siano dirottate sulle scrivanie degli uffici giudiziari, per la gioia di una magistratura inquirente la cui esuberanza da una parte si cerca di contenere e dall’altra si eccita, delegandole funzioni e decisioni che potremmo definire improprie.

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