Sabino Cassese, ex giudice della Corte Costituzionale ed ex ministro, sulle pagine de Il Giorno analizza la questione del popolo sovrano, chiedendosi se sia davvero così. A prevederlo è la Costituzione della Repubblica Italiana, entrata in vigore il primo gennaio 1948, frutto dei lavori dell’Assemblea costituente eletta il 2 giugno 1946 insieme al voto sul referendum con cui il popolo italiano scelse la Repubblica. I 139 articoli sono nati dal dialogo tra forze cattoliche e laiche e tra i concetti chiave c’è quello di sovranità.
L’ex giudice della Corte Costituzionale Cassese spiega a Il Giorno: “Sovranità è quel potere che non riconosce alcuna autorità superiore. Il concetto sia evoluto nel tempo. La sovranità apparteneva a una persona, il re; poi è diventata attributo dello Stato, dunque di un’entità immateriale; quindi del popolo. È perciò materia ricca di significati, ma anche di equivoci. L’art. 1 afferma che “la sovranità appartiene al popolo”, che “la esercita nelle forme e nei limiti” stabiliti dalla Costituzione”.
Sabino Cassese: “Alcune organizzazioni limitano la sovranità”
L’esercizio della sovranità da parte del popolo, secondo Sabino Cassese, “non si deve intendere, diversamente da quanto taluni sostengono, che debba esser esercitata direttamente, a prescindere dalla democrazia rappresentativa. Quest’attribuzione al popolo della sovranità suscita altresì il bisogno di aprire una fase nuova delle democrazie, per rispondere alle istanze relative al suo esercizio”. È possibile limitarla? L’ex giudice della Corte Costituzionale spiega a Il Giorno: “L’art. 11 dice che la Repubblica consente “alle limitazioni sovranità necessarie a un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le Nazioni””.
Dunque “questo conduce a un quarto stadio del concetto: la sovranità limitata. Che è in qualche modo una contraddizione. Anche i più accesi sovranisti accettino in realtà un mondo in cui i condizionamenti reciproci sono molteplici. Secondo le stime esistono circa duemila regimi regolatori globali, che includono le istituzioni internazionali, ma non solo. Un po’ come ci fossero duemila condomini di cui tutti gli inquilini accettano le regole. Di qui la contraddizione: l’interesse nazionale spinge a far parte di queste organizzazioni che a loro volta limitano la sovranità”.