Choc a Pordenone dove il padre di una ragazzina 13enne ha organizzato una spedizione punitiva nei confronti di un ragazzo sospettato di aver fatto fumare degli spinelli alla figlia e di averne abusato sessualmente. Il giovane, come si legge su numerosi quotidiani online fra cui Il Mattino, è stato trattenuto nel suo appartamento quindi picchiato e minacciato: «Ti torturo per quattro giorni e poi ti uccido». Il genitore è un quarantenne che risiede in Friuli e che nella giornata di ieri è stato rinviato a giudizio dal giudice per l’udienza preliminare, mentre la vittima si è costituita parte civile assieme all’avvocato Sara Rizzardo.
Accuse gravissime nei confronti del padre della 13enne, leggasi sequestro di persona, lesioni personali e minacce, e tutto risale al giugno di tre anni fa, nel 2020. La situazione è alquanto complicata, sottolinea Il Mattino, visto che all’epoca dei fatti il padre non aveva la patria potestà sulla figlia dopo che gli era stata revocata. Una volta che è venuto a conoscenza dei fatti ha organizzato una spedizione punitiva nei confronti di un ragazzo che pare abbia fatto fumare uno spinello alla 13enne: si sarebbe fatto aiutare nell’occasione da altre persone, di modo da tendere un’imboscata al presunto stupratore e farlo andare nel suo appartamento.
PORDENONE, 13ENNE ABUSATA: PADRE SEQUESTRA E TORTURA IL VIOLENTATORE: LE DUE VERSIONI DEI FATTI
Quando lo stesso è entrato in casa il genitore della ragazza ha chiuso la porta di modo da impedirgli di uscire, dopo di che, quello che è successo in quelle stanze, dovrà essere meglio chiarito visto che le versioni raccolte dai carabinieri sono alquanto contrastanti. La vittima sostiene di essere stata minacciata di morte e torture, e l’uomo avrebbe anche iniziato a picchiarlo con una padella e una spranga, procurandogli delle ferite a ginocchio e schiena giudicate guaribili in cinque giorni.
Il ragazzo sarebbe poi riuscito a sfuggire approfittando di un momento di distrazione del suo aguzzino, lanciandosi da un terrazzino posto al primo piano e cadendo poi su una tenda. Dal suo canto l’imputato ha rimandato al mittente le accuse, spiegando di aver perso la testa ma di non aver mai sequestrato il giovane.