La pornografia può essere equiparata alla prostituzione? Se lo chiedono in Francia, dove tiene banco uno dei più grandi casi legali dell’industria del porno. Infatti, la procura di Parigi ha appena redatto la relazione finale di un caso riguardante un sito web porno che pubblica video molto violenti. Al timone c’è il produttore Pascal Ollitrault, accusato di stupro aggravato e sfruttamento della prostituzione. Da qui la questione legale che potrebbe rivelarsi per questa industria: produrre, dirigere e distribuire video porno è prostituzione? Come ricorda Le Monde, secondo il Codice penale francese, la pornografia è punibile solo se coinvolge minori. Di fatto, è diventata una scappatoia legale sfruttata da alcuni produttori che, col pretesto della libertà artistica, hanno usato le immagini per rappresentare pratiche che possono essere degradanti, a volte senza il consenso delle donne riprese, che subiscono molto violenze psicologiche e fisiche.



Gli sfruttatori, a seconda delle circostanze, rischiano da 7 a 20 anni di carcere e una multa da 150mila euro a 3 milioni di euro. Se il reato è commesso con atti di tortura e barbarie, la pena è l’ergastolo e una multa di 4,5 milioni di euro. Ma dal punto di vista giuridico, il concetto è sfaccettato: lo sfruttamento esiste solo a condizione che ci si prostituisca. Infatti, il Codice Penale francese definisce lo sfruttamento come “l’atto da parte di chiunque, in qualsiasi modo: di favorire, assistere o proteggere la prostituzione altrui; di trarre profitto dalla prostituzione altrui, di dividere i proventi o di ricevere sussidi da una persona che si prostituisce abitualmente; di reclutare, addestrare o distogliere una persona in vista della prostituzione o di esercitare pressioni su tale persona affinché si prostituisca o continui a prostituirsi“.



PORNOGRAFIA, ALTRA FACCIA DELLA MEDAGLIA DELLA PROSTITUZIONE

Nella caso del sito porno francese finito nei guai, il produttore ha ammesso pubblicamente di pagare somme modeste alle ragazze che filma. Dunque, c’è un rapporto sessuale a pagamento, che registra e pubblica sul suo sito, dove si deve pagare per ottenere l’intera registrazione. Pertanto, c’è un profitto e di conseguenza è ravvisabile il reato, se si considera l’attività pornografica come prostituzione. Ma è proprio questo il punto cruciale del dibattito. Il problema, infatti, è che la legge francese non definisce la prostituzione, quindi spetta ai tribunali farlo. Ad esempio, secondo una sentenza della Cassazione, la pornografia non può essere considerata prostituzione perché il cliente deve avere un contatto fisico con la prostituta. Ma per il professor Arnaud Casado, docente presso l’Università di Paris-I Panthéon-Sorbonne e autore di una tesi intitolata ‘La Prostitution en droit français: étude de droit privé’, pubblicata dall’IRJS nel 2015, questo ragionamento è poco convincente.



Sviluppa, tra l’altro, l’idea che il contratto dell’interprete pornografico sia una sorta di contratto di prostituzione a cui si aggiunge una cessione di diritti d’immagine. L’assist arriva anche dall’etimologia: il termine deriva dal greco porno (“prostituta”) e grafia (“scrittura”): la rappresentazione della prostituzione. “La distinzione non è giuridicamente operante nel diritto positivo“, aggiunge Casado. Quindi, sono pratiche della stessa natura, ma espresse in modo diverso. Di conseguenza, l’attività pornografica rientra nella categoria dello sfruttamento della prostituzione. Se i giudici dovessero seguire questo ragionamento, le conseguenze potrebbero essere fatali per questa industria, che vale milioni di euro, rendendola illegale. Con il rischio però di un’efficacia limitata, ricorda Le Monde, perché per risolvere il problema basterebbe spostare i server all’estero.