Il mondo del progressive rock – musicisti, esperti, appassionati – è duro a morire. Anzi: non ne vuol sapere neppure di invecchiare e sfiorire. Dai fasti dei tempi migliori (che dalla fine degli anni ’60 hanno visto l’affermazione di formazioni ormai leggendarie come Yes e Genesis, Emerson Lake and Palmer e Gentle Giant), ad oggi, questo genere che in modi e stili diversissimi ha messo insieme rock e musica sinfonica, letteratura e poesia, sembra non subire gli affanni dell’età. Ne fanno parte vecchi leoni sempre in circolazione, ma anche nuove band, con la presenza di teste pensanti capaci di giudizi chiari e stimolanti riletture musicali (il caso di Steven Wilson che parla dei Maneskin è di pochi giorni fa) che sono segni di una salute di ferro.
Genere senza età, quindi, ed anche senza confini predeterminati, se si pensa ad esempio che proprio il progressive italiano ha dato al genere alcuni nomi di riferimento (PFM, Banco, Orme, Osanna, i primi album di New Trolls e di Alan Sorrenti, Biglietto per l’Inferno, Sain Just, Rovescio della Medaglia…) che continuano ad essere amati dagli appassionati di mezzo mondo, dalla Spagna al Giappone.
Ricco di musica (soprattutto “colta”) e di musicisti di enorme profilo tecnico-strumentale, il progressive vive anche di festival estivi che puntualmente si tengono in giro per il mondo, dalla Scozia alla Germania. Anche l’Italia negli ultimi anni ha iniziato a proporre il Porretta Prog, un weekend progressive che si tiene nella stessa calda location appenninica che Graziano Uliani ha lanciato nel mondo come sede dell’unico autentico Soul music festival.
Nelle prime edizioni a Porretta sono arrivati tra gli altri i Soft Machine e i Caravan, gli Osanna di Lino Vairetti, i Goblin di Claudio Simonetti e i Guru Guru di Mani Neumeier, a conferma della capacità di questo spicchio di rock di rimanere inossidabile al tempo che passa. Quest’anno sull’Appennino bolognese si attendono nomi eccezionali tra il 5 ed il 7 agosto: i Gong e i Colosseum. I primi sono l’ultima incarnazione della formazione che Daevid Allen ha creato alla fine degli anni ’60 dopo aver già fondato i Soft Machine. Formazione dalla psichedelia imperante, i Gong oggi sono una band “ringiovanita” con il frontman Kavus Torabi e il chitarrista sudamericano Fabio Golfetti a guidare una macchina sonora efficacissima e folle come da copione, e di cui fanno parte anche Ian East (fiati), David Sturt (basso) e Cheb Nettles (batteria e percussioni). Alla scomparsa di Allen (ed implicitamente della sua compagna Gilly Smith), quest’ultima formazione dei Gong ha pubblicato un notevole Rejoice! I’m Dead, impegnandosi a portare in giro per il mondo con efficacia le visioni lisergiche del fondatore contenute in album come Camembert Electrique e Flying Teapot.
Per il sabato sera il programma del Porretta Prog – assemblato con gusto e fiuto da Guglialmo “Bibi” Bernardi e Marco Coppi, e con il sostegno di Regione Emilia Romagna, Comune Alto Reno Terme e Città Metropolitana di Bologna – prevede un evento insolito e davvero in perfetto “spirito progressive”: la North Sea Radio Orchestra, una formazione britannica di musica da camera, con l’aggiunta di Annie Barbazza (vocalist di grande impatto) e John Greaves (bassista degli Henry Cow, coltissima formazione della scena di Canterbury) porteranno in scena le canzoni di Robert Wyatt, leader dei Soft Machine e dei Matching Mole, con riferimento al suo secondo album solista, Rock Bottom. Il tutto con un evento nell’evento: prima del concerto si terrà infatti un dialogo proprio con Wyatt, 77anni, in diretta online dalla sua casa nella campagna di Lincoln, in Inghilterra.
La chiusura, domenica sera, è lasciata ai Colosseum, una delle band più importanti del rock britannico, autentiche star mondiali a cavallo tra gli anni ’60-’70. E qui emerge una delle poliedricità del progressive. Molto più jazz e blues di altre formazioni, i Colosseum sono nati grazie a Jon Hiseman, tra i più importanti batteristi dell’intera storia del rock. Il suo background era decisamente blues rock (aveva suonato anche con John Mayall), ma la band assemblata per i quattro dischi prodotti tra il 1968 e il 1971 vedeva la presenza di un tastierista di estrazione classica come Dave Greenslade (figlio di un arrangiatore), di Dick Heckstall-Smith, considerato uno dei polistrumentisti britannici più talentuosi, di un ottimo bassista-cantante come Mark Clarke e di un chitarrista eccezionale che rispondeva al nome di Dave “Clem” Clempson, arrivato dopo gli esordi della band, ma destinato ad esserne uno dei leader indiscussi assieme al cantante Chris Farlowe. Il loro nome è indissolubilmente legato ad uno dei brani simbolo del progressive mondiale, Valentyne Suite, e a un doppio live che ne ha celebrato la forza on stage nel lontano 1971, Colosseum live, compiutissimo esempio di quel mix tra rock, blues e riferimenti classici, che è marchio di fabbrica di questa band.
La scomparsa di Hiseman ed Heckstall-Smith (che era stato sostituito dalla moglie del batterista, Barbara Thompson, purtroppo spentasi poche settimane fa) non ha fermato Clempson e compagni che – arruolati Kim Nishikawara al sax, Adrian Askew alle tastiere e Malcolm Mortimore alla batteria – hanno prodotto nel mese di aprile un nuovo e gradevole disco, Restoration. Clempson (72 anni), Farlowe (81 anni) e Clark (72 anni) con i nuovi e più giovani compagni sono sul palco di Porretta per la serata conclusiva del Festival 2022 per la gioia di appassionati italiani e di mezza Europa: sarà una nuova celebrazione dell’immortalità di un genere che non ne vuol sapere di invecchiare?