Paolo Bellavite, specialista in ematologia, già docente di patologia generale all’Università di Verona, dove si è perfezionato in statistica sanitaria ed epidemiologia medica, mette in dubbio la narrazione corrente sulla profilassi anti Covid-19. Su vaccini, vigilanza ed effetti collaterali qualcosa non ha funzionato. A distanza di tempo dall’emergenza vengono individuati diversi punti da chiarire relativamente alle scelte operate durante la pandemia dall’industria farmaceutica, dalle istituzioni e dalla classe medica, e agli effetti che hanno avuto i vaccini sulla salute delle persone, così come sono stati accertati nei mesi successivi all’inoculazione.
Dai verbali del CTS diffusi da alcuni organi di stampa, si evince che tra i suoi componenti ci fossero molti dubbi, ad esempio sui lockdown e sulla vaccinazione degli under 50, ma che sono state le istituzioni della salute, pressate dalla politica, a optare per le misure più drastiche. Come dimenticare l’ormai famosa frase di Mario Draghi “Se non ti vaccini muori e fai morire”, quando oggi ci sono ricerche che dimostrerebbero che si ammalano più facilmente i plurivaccinati?
Verissimo, purtroppo. Contrariamente a quanto fatto credere al grande pubblico, le decisioni fondamentali non sono mai state guidate da una seria previsione tecnico-scientifica. Nel corso della pandemia, la scienza è stata bistrattata, annichilita dal “potere” (a tutti i livelli, da una Regione italiana alla Casa Bianca, passando per la Commissione europea), dall’economia (case farmaceutiche e WEF di Davos) e dall’informazione mainstream, totalmente venduta e asservita. L’intreccio tra politica e case farmaceutiche è emerso anche dai finanziamenti pubblici dati all’azienda Reithera per un progetto destinato dall’inizio al fallimento e dai rapporti “amichevoli” tra Ursula von der Leyen e i capi della Pfizer, che secondo accuse circostanziate hanno contrattato tramite Sms.
La pandemia ha posto il tema dei rapporti fra politica e scienza?
Mi sia consentito allargare il discorso ad un tema politico-filosofico, che illustra il modo con cui il contributo della scienza è travolto dall’ideologia e dagli interessi. La vaccinologia, disciplina scientifica-ponte tra l’immunologia e la microbiologia, è stata sostituita dal “vaccinismo”, una vera e propria ideologia menzognera e ingannatrice. L’ideologia è stata definita da Luigi Giussani “una costruzione teorico-pratica basata su un aspetto della realtà, anche vero, ma preso in qualche modo unilateralmente e tendenzialmente assolutizzato per una filosofia e un progetto politico”. L’aspetto vero qui è che nel corso della storia della medicina, in particolari condizioni epidemiologiche, alcuni vaccini hanno contribuito a ridurre l’impatto delle infezioni sulla popolazione. Ma da queste evidenze si è passati ad assolutizzare i vaccini, nell’immaginario collettivo, come salvatori dell’umanità. Questo è falso: quasi tutte le malattie di cui oggi abbiamo vaccini sono diminuite per merito dell’igiene e delle mutate condizioni di vita. Tant’è vero che la malattia più grave dell’Ottocento, la tubercolosi, è quasi sparita senza vaccini. All’inizio del Novecento morivano di morbillo 8 bambini su 1000, nel 1980 (prima che iniziassero le vaccinazioni) meno di 1 su 100.000.
Quindi l’ideologia l’ha fatta da padrona anche in questo campo?
L’ideologia emerge prepotente nelle posizioni espresse dallo stesso ministro Speranza: “Sono convinto che abbiamo un’opportunità unica per radicare una nuova idea della sinistra” scriveva in un suo libretto. Il vaccino è stato considerato lo strumento della “collettività” per eccellenza, fino a giudicare deviante e egoista chi lo rifiutava. I medici dovrebbero poter consigliare i pazienti solo in base a scienza e coscienza, liberi dall’ideologia. Un intervento medico dovrebbe essere sempre valutato con opportuni metodi e non fatto oggetto di fede o imposto perché funzionale ad un disegno di potere o di interessi di altro genere rispetto alla salute delle persone. Quanto tale prospettiva si addica alla situazione italiana è dimostrato dalle sopra ricordate affermazioni di Draghi, dal fatto che egli nominò un generale a dirigere la campagna vaccinale e vincolò le libertà civili al “green pass”. Ricordiamo anche le tristi e pesanti parole di Mattarella a Pavia: “Non si invochi la libertà per sottrarsi alla vaccinazione”. Ma così si è finito con lo stravolgere il senso della Costituzione voluta dai Padri della nostra nazione, in cui è sancito (articolo 32) il rispetto della persona umana, che mai può essere sacrificata agli interessi collettivi. Nemmeno se il sacrificio servisse veramente, figuriamoci quando si tratta di un rischio vaccinale grave, concreto e inutile allo scopo proclamato.
Proprio il dr. Van den Bossche (e non era l’unico) aveva detto che vaccinare durante una pandemia era il miglior sistema per far nascere varianti potenzialmente pericolose. E molti sostengono che il Long Covid non sia niente altro che un artificio verbale per definire le patologie da effetti avversi. È così?
Cominciando dal secondo punto, bisogna essere chiari: il “Long Covid” esiste e colpisce anche i non vaccinati; è una conseguenza dell’infezione virale non del tutto guarita, in persone che forse hanno qualche predisposizione genetica o sono state curate male. Parallelamente, è descritta un’altra malattia cronica con sintomi simili, conseguenza a lungo termine delle vaccinazioni, chiamata “Long post-Covid vaccination syndrome” (LPCVS). Ne ho parlato in un recente articolo, scritto con altri colleghi, pubblicato dalla rivista Cureus in cui abbiamo descritto il caso di una signora di 37 anni che ha avuto prima una trombosi cerebrale e poi, a distanza di quasi due anni dalla prima inoculazione di AstraZeneca, una sindrome LPCVS. Non c’è dubbio che vaccinare durante la pandemia fa nascere le varianti dei virus che sfuggono agli anticorpi ed è uno dei motivi per cui i prodotti genici hanno perso rapidamente efficacia. Non è detto però che le varianti siano state più pericolose del ceppo precedente, questo non è provato. Le varianti comparse nel corso dei tre anni della campagna vaccinale sono andate perdendo la patogenicità, per fortuna, o meglio per un progressivo adattamento del virus cinese alla popolazione: ai virus, in realtà, non conviene “fare strage” dei loro ospiti, conviene infettare mantenendoli in vita.
Questo cosa significa?
Le varianti del virus possono infettare, anche più di quella originale, ma causano sintomi meno gravi perché nella cellula infettata non fanno “disastri”, si replicano più lentamente, non le uccidono. Speriamo che continui così, perché le sorprese in questo campo sono sempre possibili e ci sono ancora in giro troppi laboratori che giocano con il “guadagno di funzione” a scopo commerciale o militare. D’altra parte, sul versante dei vaccini, il problema è un po’ diverso, più complicato: poiché tutti i prodotti biogenetici sono concepiti per far produrre la proteina “spike” che è di per sé tossica (come anche le nanoparticelle lipidiche), gli effetti avversi non sono certo diminuiti con i vaccini “adattati” e ci troviamo con vaccini addirittura più patogeni del virus che dovrebbero combattere! La gente lo ha capito e, infatti non si vaccina più.
Ma non è finita qui…
Poi, come lei suggerisce, ci sono le conseguenze a lungo termine, anch’esse inattese. Il fallimento dei prodotti biogenetici anti-Covid-19 (si badi bene, non solo AstraZeneca, ma anche quelli a mRNA modificato) rappresenta una catastrofe della vaccinologia, checché se ne dica, di cui molti, anche le famose virostar, non vogliono prendere atto. Chi persevera nell’errore, o cerca di stendervi sopra un velo di silenzio, lo fa perché riconoscerlo sarebbe come bestemmiare il vitello d’oro finora adorato.
Una delle domande più frequenti della popolazione riguarda la possibilità di terapie per rimediare ai danni dei vaccini e delle proteine Spike. Che si può fare?
Non ci sono ricette, soprattutto perché si tratta di malattie “nuove”, o varianti nuove di malattie già conosciute. Ovviamente, le cure coi mezzi già conosciuti dalla medicina si devono sempre fare, là dove possibile. Malattie cardiovascolari “acute” come le miocarditi e le trombosi hanno terapie che i medici conoscono. Diffiderei da chi vendesse costosi complessi di farmaci “anti-spike”, senza prove cliniche adeguate, anche perché, se ci sono sintomi perduranti, essi potrebbero essere dovuti a fenomeni di auto-immunità. In tali casi le cure sono più difficili e bisogna affidarsi a specialisti competenti nei vari campi. Nel caso della signora cui facevo riferimento sopra, abbiamo avuto un buon risultato con la plasmaferesi terapeutica, ma è un intervento eseguito in ospedale perché la paziente era in pericolo di vita, stava molto male e non c’erano alternative; si tratta di terapia usata per altre malattie autoimmuni, ma ancora non è validata per le sindromi post-vaccinali.
Che consigli si possono dare allora?
Vanno comunque e sempre considerati la sana nutrizione, l’attività fisica, lo stile di vita eliminando fattori di rischio, la salute dell’intestino, recuperare serenità per quanto possibile, senza farsi prendere dal panico. Il Comitato Ascoltami, formato da migliaia di vittime dei nuovi prodotti biogenetici, continua a chiedere che si faccia più ricerca sulle cause e le terapie delle reazioni da vaccino. I medici consapevoli del problema stanno sollecitando le autorità sanitarie perché approfondiscano gli studi sui fattori di rischio che possono spiegare la comparsa di reazioni gravi nelle persone, ma ancora è presto per poter dire se i nostri appelli saranno ascoltati.
Diversi scienziati sostengono che sebbene la tecnica mRNA messaggero sia allo studio da molti anni, in realtà non se ne conoscono gli effetti a lungo termine, e c’è chi pensa che possa causare modificazioni permanenti del DNA umano. Lo stesso Robert Malone, uno dei principali studiosi di questo metodo, è molto critico: “Non è che perché hai trovato un grande martello lo puoi usare per tutti chiodi”. Purtuttavia l’industria farmaceutica si sta oggi organizzando per produrre intere filiere di farmaci basati su questo principio.
Al momento non ho letto di prove di integrazione degli acidi nucleici dei “vaccini” nel DNA umano, a parte uno studio su cellule in provetta, ma il fenomeno non è stato escluso definitivamente, anzi ne esiste il sospetto, dal momento che i prodotti in circolazione sono fortemente inquinati dal DNA dei vettori o dei plasmidi che sono stati usati per produrli. Inoltre, anche se non si parla di modificazioni permanenti, esistono sicuramente modificazioni “epigenetiche” (che non riguardano la sequenza delle basi DNA bensì loro modifiche che ne alterano il funzionamento), le quali possono durare molto a lungo. In alcuni casi particolari, può verificarsi una permanenza per mesi dell’attività del mRNA modificato che è entrato nelle cellule, cosicché rimane la produzione della proteina spike, con le conseguenze del caso. Quindi la precauzione non è mai troppa. Una valutazione affidabile, dinamica e individualizzata del rapporto benefici/rischi è la grande assente dalle campagne vaccinali pubbliche e dalla pratica medica di tutti i giorni.
Janine Small, responsabile marketing internazionale Pfizer, alla domanda: “Come mai non sono stati fatti studi di carcinogenicità, farmacotossicità e diversi altri prima di chiedere l’autorizzazione in via sperimentale?”; ha risposto (ridendo): “Abbiamo dovuto procedere alla velocità della scienza”. Che vuol dire velocità, e di quale scienza? Pfizer ha dovuto rendere disponibili studi dai quali si sono rilevati migliaia di decessi durante la pur breve sperimentazione; ma come è stato possibile che le istituzioni regolatorie, che in passato hanno fatto ritirare farmaci per uno o due decessi, non siano intervenute?
È vero che le industrie farmaceutiche hanno dovuto correre per vincere la concorrenza e perché pressate dai politici di turno. C’erano in ballo affari per decine di miliardi di dollari e Big Pharma è stata guidata dalla logica del profitto, cosa che si sapeva. Più difficile è giudicare il comportamento delle agenzie regolatorie. Come ho sopra accennato, se vogliamo concedere il beneficio della buona fede alle nostre istituzioni e a quelle europee, c’è stato un “abbaglio” generale dovuto alla fede quasi fanatica e ossessiva nel progresso tecnologico, un’ideologia che ha impedito di vedere gli inganni e gli errori. Ovviamente, grossa responsabilità ha il Governo per essersi scelto dei tecnici – diversi dei quali non scevri da conflitti di interesse – inserendoli nel CTS (Comitato Tecnico Scientifico). Va detto che anche gli organi di informazione si sono piegati ai diktat politici o ai finanziamenti elargiti per promuovere la campagna vaccinale. Personalmente, ricordo che nel febbraio-marzo del 2021 inviai ai centri di farmacovigilanza italiani e ad AIFA una nota in cui prospettavo il pericolo di attacchi di ipertensione e persino di trombosi, proprio ragionando, da patologo, sul funzionamento della proteina spike verso i suoi recettori, e il ruolo patogeno degli anticorpi.
Cosa le venne risposto?
Ebbi poche risposte dalla farmacovigilanza e nessuna da AIFA. Constatando l’assenza di risposte ufficiali e il rifiuto delle molte proposte di confronto fatte dalla CMSi, è naturale che la presunzione di buona fede venga a decadere, per lasciare spazio ad altre ipotesi. Sono ipotesi che la magistratura dovrebbe valutare accuratamente e non frettolosamente, come è stato il caso dell’archiviazione della denuncia verso l’ex ministro Speranza. Si spera nella Commissione parlamentare d’inchiesta, purché parta presto e, se parte, non finisca con essere un carrozzone inconcludente.
Di cosa si occuperà nel prossimo futuro?
Grazie a Dio ho così tanti interessi che ho solo la difficoltà di scelta dovendo tener conto del tempo e delle energie. Come mi sono occupato delle cure della Covid-19, su cui scrissi un intero libro con il professor Serafino Fazio, ora mi occupo prevalentemente del Long Covid e della sindrome post-vaccinale sopra citata. Da patologo, spero che sviscerando il tema delle cause di queste malattie si possa fare passi avanti verso le cure. Un argomento che è quasi “pronto”, nel senso che abbiamo finito di scrivere il primo manoscritto, è una precisa disamina del metodo dell’OMS per la causalità delle reazioni avverse. In breve, dimostriamo che quel metodo non era adatto per valutare le reazioni ai “vaccini” nuovi e ancora sperimentali.
C’è poi il tema dei vaccini pediatrici.
Sto anche collaborando in modo volontario con le associazioni dei pazienti danneggiati, a cominciare dal CONDAV, che è stata la prima a occuparsi dei vaccini pediatrici. A questo proposito, è necessario e urgente riprendere il tema della legge sull’obbligo vaccinale pediatrico, che è la “madre” di tutte le ingiustizie attualmente ancora perpetrate sulla pelle dei nostri bambini. Credo che si tratti di un argomento di grande interesse delle famiglie italiane e mi piacerebbe fosse trattato, anche in forma di confronto a più voci, in convegni medici e meeting aperti al grande pubblico. (2 – fine)
(Alberto Contri)
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