Ieri mattina alla Camera un centinaio di giornalisti ha applaudito la premier Giorgia Meloni in apertura della conferenza stampa di fine anno (2024), per la liberazione di Cecilia Sala (collega anche della premier, iscritta all’albo professionisti dell’Ordine). Meloni ha poi risposto per tre ore alle domande della stampa.



Cento anni e sette giorni fa, nell’aula di Montecitorio, il premier Benito Mussolini – giornalista di professione – tenne un discorso di inizio anno finito fra le pagine più scure e deprecate della storia nazionale. Mussolini era in carica da due anni e pur dopo l’esito favorevole del voto del 1924 era in bilico: non riusciva ad aver ragione delle opposizioni, che dopo l’assassinio del deputato socialista Giacomo Matteotti avevano cominciato a disertare i lavori parlamentari per protesta contro lo squadrismo persistente.



Alla resa dei conti, il 3 gennaio 1925, Mussolini rivendicò a muso duro ogni “responsabilità storica, politica e morale” dell’avvento del fascismo. Non ricevette molti applausi, neppure dai parlamentari della maggioranza, in una Camera scossa e incerta in tutti i suoi settori. Tanto meno approvarono i giornalisti delle testate d’opposizione, che già si preparavano a subire le prime e forse più importanti novità normative “liberticide”: quelle che già nella notte sul 4 gennaio colpirono la stampa non di regime sotto forma di fonogrammi inviati dagli Interni ai prefetti.

Stasera su Sky è in programma la prima puntata di M. Il figlio del secolo, miniserie tratta dal romanzo di Antonio Scurati, incentrato anche sul discorso del 3 gennaio. Un secolo e sette giorni dopo, Meloni – premier della Repubblica democratica – ha detto che non avrà tempo di vederlo. Gli italiani che vorranno, tuttavia, potranno farlo. E i giornali scriverne.



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