Questa pandemia sta mettendo e metterà a dura prova il genere umano e probabilmente cambierà molte abitudini in maniera stabile, non semplicemente per i rischi che il coronavirus porta con sé, ma soprattutto per la caduta del senso di sicurezza e di controllo sul nostro destino che fino a ieri era radicato in ognuno di noi. In questa pandemia e soprattutto nel post-pandemia, flessibilità, adattamento sembrerebbero essere parole d’ordine. Indispensabili per una ripartenza davvero efficace.



Non c’è alcun dubbio sulla necessità di mettere in campo opportunità di queste capacità ed è assolutamente vero che non possiamo semplicemente pretendere che tutto torni come prima. D’altro canto, la vita stessa, l’età che avanza, la tecnologia che evolve implicano la necessità di modificare sé stessi e il proprio comportamento, adattandosi ed essendo flessibili. Il tutto nel nome della tanto amata resilienza, cioè la capacità di diventare “più forti” per effetto dell’adattamento alla pressione dello stress, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà. La resilienza diventa un’abilità individuale da cavalcare nelle situazioni negative per raggiungere livelli superiori di sviluppo personale, il tutto sulla base di una adeguata flessibilità e adattabilità.



Tutto verissimo. È, tuttavia, altrettanto vero che ogni cambiamento ha un suo prezzo, ogni scostamento dalla situazione di tranquillità implica consumo e impegno di energia fisica e mentale, ogni rottura porta a una fase di crisi che ci costringe a ritrovare nuovi equilibri a fronte di un tributo di stress e serenità. Qual è quindi il prezzo della flessibilità e dell’adattabilità, la cui altra faccia della medaglia è il compromesso….

Essere perfezionisti viene guardato con scetticismo dai molti. Si, è vero che il perfezionista è una garanzia di efficacia ma, gridano in molti, non ha un’adeguata capacità di adattarsi, non è flessibile… Chi è perfezionista non capisce la vita, è un moralista incapace di godere della variabilità e della ricchezza della vita….



Fermiamoci un po’ a riflettere sul concetto di perfezione. Perfetto deriva dal verbo perficere, perficio; da cui la perfezione; perfectio, perfectionis e il suo significato è: “condurre a compimento”, “portare a termine”, e quindi compiutezza, completezza. L’essere perfetti, riporta ad Apollo in contrasto con Dioniso, al divino contro l’umano, porta alla centralità dei valori e delle virtù. Essere perfezionisti vuol dire non accettare compromessi e puntare sempre all’ideale, essere perfetti vuol dire vivere in coerenza con i propri valori e le proprie virtù.

È davvero sbagliato pretendere la perfezione? È così negativo tendere alla perfezione? È davvero controproducente non accettare compromessi?

Il perfezionismo difende la purezza dei valori e la coerenza dei comportamenti, l’efficacia dall’efficienza, l’ottimo dal buono. Mantenere le promesse, essere in orario, dare il meglio di noi stessi, rispettare sempre gli altri sono aspirazioni verso la perfezione che comportano energie e fatica, che hanno insite in sé stesse una costante attenzione. Il perfezionismo difende la purezza dei valori e delle virtù.

Il perfezionismo e la ricerca della perfezione diventano possibili e sostenibili soprattutto nei periodi di pace e salute, nei momenti di stabilità, nei momenti di abbondanza, mentre sembrerebbero inadeguati in momenti di crisi, di instabilità, di cambiamento. In queste ultime condizioni, che ben si adattano alla crisi globale che la pandemia attuale impone, ecco che emergono prepotenti e imperativi i concetti di flessibilità, adattamento e accettazione del compromesso come uniche strategie valide per sopravvivere.

E il comportamento della società e di molti di noi si adegua. Debiti, scadenze, impegni non diventano più obblighi né morali, né materiali; le regole diventano flessibili; il rispetto non necessario. Tutto viene accettato nel nome della pandemia e nell’idea profonda del “facciamo quello che possiamo”. Il tendere alla perfezione nel comportamento e al meglio nelle ambizioni diventa superfluo nel nome dell’emergenza, laddove l’imperativo è sopravvivere.

Ma siamo davvero sicuri che i valori non siano così importanti per la costruzione del futuro post pandemia? Che il meglio possa essere lasciato da parte per l’opportuno? Che il rispetto degli impegni possa diventare un optional? Che l’efficacia debba essere sacrificato per l’efficienza?

Ciò che caratterizza e, forse, distingue l’uomo dagli altri esseri viventi è la tendenza all’ideale, all’utopia, al meglio, quindi alla perfezione. Sopravvivere è necessario, ma non sufficiente per essere davvero umani. È il tendere sempre e comunque alla perfezione nei valori, nelle virtù e nei comportamenti a renderci superuomini, o meglio Oltreuomini, come direbbe il filosofo tedesco Friederich Nietzsche. Oltreuomini, non intesi come esseri superiori, ma come ponti verso la perfezione, una perfezione che non viene imposta dal mondo e dalla società ma dai valori personali profondi. Non si tratta di essere rigidamente moralisti e di obbedire alle regole della società, quanto di accettare la fatica di essere coerenti con i nostri valori umani più autentici senza compromessi. Di non rilassarci davanti alla superficialità e al compromesso, giustificando noi stessi con l’emergenza della pandemia, con la crisi e con l’imprevedibilità del futuro prossimo venturo.

La pandemia non ha cancellato i nostri valori profondi e le nostre virtù. Onestà, trasparenza, coerenza, rispetto, umiltà ci sono state, ci sono e ci saranno al di là del momento e delle emergenze. Gli impegni vanno mantenuti, i debiti pagati, le attività fatte per bene e le responsabilità accolte. La crisi pandemica non può e non deve diventare l’alibi per non rispettare i nostri valori profondi e giustificare comportamenti non virtuosi. Ci siamo evoluti dal mondo animale, ma non siamo animali; molte nostre funzioni e bisogni sono animali, ma non siamo solo animali, siamo molto di più ed è proprio in questi momenti che dobbiamo dimostrarlo, per difendere la nostra umanità e il futuro etico dei nostri figli.

Flessibili e Resilienti per ricostruire la vita post pandemia? Assolutamente sì, ma senza compromessi, nel rispetto dei nostri valori e delle nostre virtù. Adattarci alla realtà nuova, cercare nuove strade, riadattarci alle necessità della vita futura sono capacità indispensabili per affrontare il nostro futuro dopo la pandemia ma possiamo, e forse dobbiamo, essere profondamente e coerentemente perfezionisti, possiamo tendere sempre e comunque alla perfezione, al meglio senza compromessi. Perché onestà, trasparenza, coerenza, rispetto, umiltà non accettano compromessi e sono stati e dovranno essere i pilastri su cui (ri)costruire il nostro futuro, anche se non saranno la via né più facile, né più leggera.

Leggi anche

VACCINI COVID/ Dalla Corte alle Corti: la neutralità che manca e le partite aperteINCHIESTA COVID/ E piano pandemico: come evitare l’errore di Speranza & co.INCHIESTA COVID BERGAMO/ Quella strana "giustizia" che ha bisogno degli untori