Deridere una persona via chat anche solo attraverso delle emoji, le famose faccine utilizzate spesso e volentieri per accentuare una reazione o uno stato d’animo, rappresenta un reato. E’ questo, come si legge sul quotidiano Il Messaggero, quanto stabilito da una sentenza della Corte di Cassazione numero 2251 del 2023, che ha considerato diffamatorio un post con una serie di emoji scritto da un uomo sui social. Secondo i giudici quanto pubblicato «offendeva la reputazione» di un imprenditore di lombardo perché commentando un post dedicato ai problemi di viabilità del Comune di Luino, faceva espresso riferimento ai suoi deficit visivi» aggiungendo appunto l’emoticon di una risata. Proprio quella risata di troppo, secondo la Cassazione, rappresenta la diffamazione.
«Le offese, anche con le emoji, possono considerarsi un danno anche grave alla dignità delle persone con fragilità nei confronti del loro corpo – ha aggiunto Vera Cuzzocrea, consigliera dell’Ordine degli psicologi del Lazio – È importante perché riconosce la lesività della condotta, come una vera e propria diffamazione». In Appello i giudici avevano stabilito che si trattava di ingiuria e non diffamazione, e dal punto di vista giuridico il peso è differente: l’ingiuria è infatti un’offesa diretta verso la vittima e in sua presenza, ed è stata depenalizzata in quanto l’offeso può solo rivalersi in sede civile per ottenere il risarcimento economico di eventuali danni.
COMMENTO SUI SOCIAL CON EMOJI, CONDANNATO: “NON C’E’ UNA MATEMATICA PRECISA…”
«Questa depenalizzazione avrebbe tolto il riconoscimento della condotta e quindi del danno subito dalle vittime, mentre la sentenza della Cassazione ha il prestigio di restituire valore all’offensiva di una condotta», spiega ancora Cuzzocrea. «La novità di questa sentenza è che l’emoticon viene riconosciuto come uno strumento di comunicazione rafforzativo del messaggio del contenuto testuale che talvolta è violento».
Sulla vicenda delle emoji si è espresso anche l’avvocato Francesco Paolo Micozzi, docente di informatica giuridica all’Università di Perugia, secondo cui «in questo caso l’emoticon è una spiegazione dell’intento della frase che potrebbe apparire anche come una critica a qualcosa di detto e fatto, invece la faccina che ride caratterizza la frase, evidenziando l’intenzione di dileggiare le caratteristiche fisiche di una persona. La difficoltà nel giudicare la diffamazione è che non c’è una matematica precisa ed in futuro, quella stessa emoticon, potrebbe anche non essere ritenuta offensiva. È sempre importante considerare il contesto».