L’ipotesi dell’offerta pubblica di vendita per Poste Italiane infiamma il mercato. Ieri il Sole 24 Ore aveva diffuso la notizia riguardante il possibile collocamento di una nuova tranche in Borsa entro i primi mesi dell’anno prossimo. Una notizia, quella della possibile privatizzazione, che trova favorevoli analisti e broker, stando a quanto precisato dal quotidiano economico. Il titolo nella giornata di ieri ha registrato un calo in apertura dell’1,2%, ma è un effetto normale con la notizia della messa sul mercato di nuovi titoli di una società quotata. Durante la giornata, il titolo ha poi invertito la rotta, chiudendo positivamente anche per via della precisazione del ministero dell’Economia. Fonti del Mef, infatti, avevano dichiarato all’agenzia Ansa che «nessun processo è in corso».



Una ipotesi, comunque, potrebbe essere quella di legare l’inizio di questo processo di dismissione alla presentazione del nuovo piano industriale di Poste Italiane, in programma il prossimo 20 marzo, quando l’amministratore delegato Matteo Del Fante dovrebbe annunciare la nuova strategia, con la trasformazione del gruppo ad un operatore della logistica a 360 gradi. Se in quel periodo iniziasse il percorso di riduzione dei tassi di interesse da parte della Bce, ci sarebbe un parziale effetto “travaso” degli investitori verso l’azionario alla ricerca di occasioni di maggiore rendimento.



PRIVATIZZAZIONE POSTE ITALIANE? L’IPOTESI DI INTERMONTE

Gli analisi sono intervenuti anche sulle modalità più adatte per la privatizzazione, cioè la cessione della seconda tranche di Poste Italiane, controllata da Cdp e Mef rispettivamente con il 35% e il 29,26% del capitale. Ad esempio, gli analisti di Intermonte hanno spiegato in un report che, a differenza di quanto avvenuto per la cessione del 25% di Mps, nel caso di Poste «il coinvolgimento del retail sarebbe d’obbligo». Inoltre, hanno sottolineato che ora l’11% di Poste è detenuto da investitori retail, «una buona parte dei quali ha partecipato alla prima tranche di privatizzazione avvenuta nel 2015».



Quindi, si aspettano che «l’operazione possa svolgersi tramite un’offerta pubblica di vendita», anche se ritengono «improbabile che il Mef decida di cedere la totalità della propria quota in Poste (29,36%) rinunciando così totalmente al flusso annuo di dividendi (250 milioni di euro la quota del ministero nel 2022, ndr)». Gli analisti di Intermonte, come riportato dal Sole 24 Ore, sostengono che il Mef «possa decidere di vendere una quota rilevante, mantenendo allo stesso tempo una quota di circa il 10% che, sommata al 35% attualmente in mano a Cdp, assicurerebbe comunque un controllo da parte del Governo sulla governance societaria».

PRIVATIZZAZIONE POSTE ITALIANE? L’ANALISI DI INTERMONTE

Per quanto riguarda gli effetti sui corsi azionari, gli analisti spiegano che «la possibile cessione di una quota rilevante della partecipazione del Mef in Poste potrebbe frenare il prezzo del titolo fino a quando non ci saranno maggiori informazioni su tempistiche e modalità». Come riportato dal Sole 24 Ore, hanno anche aggiunto che ipotizzano che l’interesse per la privatizzazione di Poste Italiane possa essere «elevato considerando il livello di dividend yiel d’atteso e che l’aumento del flottante possa rappresentare un elemento positivo a livello prospettico aumentando il peso negli indici e riducendo il tema del controllo del governo sul titolo». In merito alla possibile tempistica dell’operazione, sempre secondo Intermonte avrebbe senso con la presentazione del piano, perché «l’attenzione del retail potrebbe essere in maniera considerevole se il focus del nuovo piano, come ci aspettiamo, dovesse prevedere un incremento significativo della politica di dividendi per i prossimi anni». Invece i sindacati sono contrari alla cessione di una nuova tranche di Poste Italiane.