Il sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere con Anpal e basato sulle risposte fornite da un campione di 100.000 aziende, offre anche per il mese di marzo previsioni di crescita della domanda di lavoro.
Le assunzioni attese sono 359mila, 41mila in più rispetto al mese precedente e 67mila in più rispetto a 12 mesi prima. La crescita sull’anno è di circa il 23%. Il settore dei servizi è quello trainante con una crescita sui 12 mesi del 35,5%. Si tratta complessivamente di quasi 250mila posizioni lavorative dove il 25% è rappresentato da servizi turistici, di alloggio e ristorazione. Sono i settori con la ripresa più lenta dopo l’uscita dal periodo di forti limitazioni dovute alla pandemia. Seguono poi commercio e servizi alle persone con circa 40mila posizioni ciascuno.
Trainata dai settori più innovativi (meccatronica +12% sull’anno), la manifattura mantiene un tasso positivo di crescita con un +5,95& che corrisponde a 75mila nuove entrate. Rallenta invece il comparto dell’edilizia che segna un -4,6% sull’anno anche se prosegue la crescita sul mese precedente con 75mila edili richiesti (+1,9%).
La domanda di lavoro non registra ancora cali dovuti all’impatto che l’invasione russa dell’Ucraina ha determinato sui prezzi dell’energia e delle materie prime anche se viene già registrata una diffusa preoccupazione rispetto alle prospettive che erano state aperte dalla previsione di investimenti attesi con il Pnrr. Le assunzioni programmate sono per il 51% con contratto a termine, fra il 20% e il 25% a tempo indeterminato e restano poi contratti interinali, apprendistato e altre forme di collaborazione e di lavoro dipendente.
Cresce ancora la difficoltà dichiarata dalle aziende a trovare lavoratori con le competenze adeguate per coprire i ruoli operativi richiesti. Secondo le risposte delle imprese, il 41,1% della possibilità di inserimento lavorativo resta inevasa o ha difficoltà a incontrarsi con lavoratori adeguatamente formati e disponibili a lavorare alle condizioni date. La crescita percentuale delle difficoltà di reperimento di lavoratori è di 9 punti superiore allo stesso periodo dell’anno passato.Il tasso di difficoltà è maggiore per operai specializzati (58,4%), dirigenti (56,1%), per le professioni tecniche (48%) e per le professioni intellettuali e scientifiche (44,1%). Per quanto riguarda le motivazioni delle difficoltà emerge soprattutto l’assenza di candidati per i profili professionali ricercati. Rispetto all’anno precedente rappresenta un quarto delle motivazioni di difficoltà con un incremento del 30% rispetto all’anno prima. La preparazione non adeguata alla domanda di lavoro è invece del 15% e seguono poi ragioni particolari e personali.
Sono questi ultimi dati che devono portarci a una riflessione più generale. Al netto dell’impatto sulla crescita economica che verrà dagli eventi internazionali, la crescita prevista per il 2022 trova nel mismatching rilevato fra domanda e offerta di lavoro un grande ostacolo. Nell’ultimo trimestre del 2021 erano stimati circa 350mila posti di lavoro vacanti per assenza di copertura. Se tramutiamo in valori assoluti le previsioni Excelsior per l’anno in corso sulla base dei dati rilevati l’anno passato otteniamo che oltre un milione e mezzo di profili professionali, quasi il 33% della domanda, risulta di difficile reperimento.
Anche chi, si veda l’Osservatorio sul mercato del lavoro di Itinerari Previdenziali, parte dai dati dell’andamento dei movimenti registrati sul mercato del lavoro del 2021 arriva alle conclusioni espresse dalla nota Excelsior. Le difficoltà del nostro mercato del lavoro, pur senza dimenticare gli squilibri storici, scontano mancanza di candidati per molte posizioni lavorative e solo in seconda battuta un’inadeguatezza di preparazione.
Tale situazione si presenta come contraddittoria con la situazione occupazionale complessiva. Come più volte ricordato, il nostro tasso di occupazione è più basso di quello dei Paesi europei che hanno tassi di sviluppo simili al nostro. Noi registriamo 13 milioni di persone in età lavorativa che non studiano, né cercano lavoro. Complessivamente abbiamo che sul totale della popolazione che potrebbe lavorare il 66% lo fa e mantiene il rimanente 33%. La percentuale di nullafacenti è in Germania del 21% e in Francia del 29%.
Con questa situazione del mercato, pur tenendo conto del maggior peso dell’economia informale che abbiamo rispetto agli altri Paesi, dovremmo avere una maggiore concorrenza sul mercato con un andamento in crescita dei salari per attrarre nuove forze di lavoro. La realtà italiana registra invece un dualismo accentuato fra chi partecipa al mercato per capacità e competenze acquisite e lavoratori impiegati in settori con basse tutele e bassi salari.
È sulla base di queste osservazioni che risulta immediatamente fondamentale accompagnare la fase di investimenti previsti dal Pnrr con politiche del lavoro che investano nella formazione. È sicuramente nello snodo della formazione per chi deve entrare nel mercato del lavoro, per chi dovrà passare da un settore tecnologicamente obsoleto a una nuova professione e anche per chi, pur non cambiando lavoro, dovrà adeguare le proprie competenze, che il progetto di politiche attive potrà dare il maggiore contributo.
Dall’analisi di questi ultimi anni, e anche dalle previsioni per i prossimi mesi, emerge la necessità di affrontare il tema della sottoretribuzione che colpisce troppi settori, blocca l’accesso di nuovi lavoratori e porta alla crescita del fenomeno dei working poors.
Assieme a ciò si devono superare blocchi e rigidità contrattuali che frenano sia l’andamento della crescita salariale nella contrattazione di impresa, sia, in troppi casi, la contrattualizzazione, con piene tutele, delle nuove forme di lavoro.
A 20 anni dalla barbara uccisione di Marco Biagi è ancora pienamente viva la sua lezione che per difendere il lavoro non possiamo guardare ai rapporti contrattuali del secolo scorso, ma dobbiamo saper introdurre tutele e diritti per il lavoro così come si stanno delineano per il presente e per il futuro.
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