Un dirigente dell’Eni, Enrico Trovato, è stato arrestato nell’ambito di un’inchiesta su una fuoriuscita di petrolio avvenuta tra il 2016 e il 2017. Secondo la procura, la fuoriuscita contaminò il “reticolo idrografico” della Val d’Agri per un totale di 26mila metri quadri di suolo e sottosuolo. Trovato all’epoca dei fatti era responsabile del Centro oli di Viggiano, in provincia di Potenza. Nell’inchiesta che ha portato ai domiciliari l’ex responsabile del Distretto meridionale di Eni sono indagate 13 persone tra cui anche componenti del comitato tecnico regionale della Basilicata, che aveva anche il compito di controllare l’attività estrattiva, e la stessa società petrolifera. Come riportato dal Fatto Quotidiano, la procura di Potenza ipotizza i reati di disastro, disastro ambientale, abuso d’ufficio e falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale. Il caso è scoppiato all’inizio del 2017, dopo il ritrovamento di petrolio in un depuratore. Si arrivò al sequestro di un pozzetto e si accertò che il petrolio era passato nella rete fognaria e poi in quella idrografica circostante, a due chilometri dalla diga del Pertusillo che fornisce acqua alla Puglia e per l’irrigazione ad oltre 35mila ettari di terreno.
POTENZA, SVERSAMENTO PETROLIO A VIGGIANO: ARRESTATO DIRIGENTE ENI
Il petrolio fuoriuscì dai serbatoi di stoccaggio, ma le perdine non furono “mai comunicate agli organismi competenti”. L’Eni poi decise di dotare i serbatoi di doppifondi. Per i magistrati l’Eni tenne un atteggiamento di “sostanziale inerzia” in questa vicenda, mentre quella del comitato tecnico regionale fu una “consapevole inerzia” perché prima prescrisse maggiori controlli ma poi non sanzionò la loro mancata attuazione. Dopo le perdite, Eni ammise uno sversamento di 400 tonnellate di greggio anche tra agosto e novembre 2016. La Regione Basilicata a metà aprile 2017 decise di chiudere il Cova per il mancato rispetto di alcune prescrizioni ambientali. Dopo tre mesi, tornò a funzionare. Nel novembre dello stesso anno saltò fuori anche una lettera scritta da Gianluca Griffa, ex responsabile dell’impianto, trovato impiccato in un bosco nel 2013. Ai pm lucani scrisse: «Eni sapeva degli sversamenti dal 2012».