Dati preliminari quelli diffusi dall’Istituto nazionale di statistica, ma che verranno senz’altro confermati, addirittura in peggio, come ci ha detto in questa intervista Alberto Sinigallia, presidente di Fondazione Progetto Arca, associazione che si occupa da anni di povertà estrema e integrazione sociale. Sarebbero due milioni le famiglie in povertà assoluta per la crisi economica generata dal Covid (il che significa, rispetto alla povertà relativa, non disporre delle risorse essenziali come cibo, acqua, casa, vestiti, medicine), un milione di persone in più rispetto all’anno precedente. Le famiglie totalmente indigenti sono 335mila in più (+7,7%) rispetto al 2019. Colpisce che l’aumento maggiore in Italia si sia verificato al Nord (oltre 218mila famiglie in più, per un totale di 720mila individui), dove l’incidenza raggiunge il 7,6%, ma, come spiega Sinigallia, “questo dipende dal fatto che il Nord Italia è l’area più produttiva. Essendo il motore economico, ha subìto maggiormente la crisi generata dalla pandemia.
Il Sud povero lo era già”. Naturalmente, come sempre, a essere più colpite sono le famiglie, soprattutto quelle più numerose: “In Italia, a differenza di paesi come Francia e Germania dove i governi sostengono economicamente chi fa figli, in Italia non è mai stato così”.
Voi come fondazione, da sempre presente nel sociale, vi aspettavate cifre così alte come quelle diffuse dall’Istat?
In realtà da noi le cifre sono anche più alte. Occupandoci della povertà estrema, siamo passati dalle 500 famiglie assistite, cioè 2mila persone, alle 2.500, cioè circa 10mila persone, abbiamo quasi quintuplicato il numero.
Sono famiglie che prima della pandemia avevano un reddito, un lavoro?
Sì, sono famiglie che si rivolgono ai nostri centri di ascolto per la prima volta. A Napoli, ad esempio, da un giorno all’altro capifamiglia che lavoravano in nero sbarcando il lunario non hanno più potuto dar da mangiare ai figli. Non si erano mai rivolti a chiedere aiuto per il cibo. Ci sono povertà che hanno avuto una deriva, come chi è andato in cassa integrazione, o persone che hanno perso il lavoro, le partite Iva, ad esempio, tra le più colpite. La povertà assoluta è stata un gradino per molte persone, non una discesa: ieri lavoravo, oggi non più.
L’Istat però segnala una riduzione della distanza media dei consumi delle famiglie povere dalla soglia di povertà grazie alle misure messe in campo dal governo. Questo significa che qualcosa è stato fatto?
Penso ci si riferisca al reddito di cittadinanza, che qualcosa sicuramente ha fatto, è stato una sorta di cuscinetto di sopravvivenza, però non significa integrare le persone nel mondo economico.
Ci spieghi meglio.
Significa mantenerle con un reddito che per un anno o per un altro ancora non li farà finire nella povertà assoluta, ma quello che ha fatto il governo non è certo un volàno economico. E’ un salvagente che si sgonfierà, perché non si possono mantenere milioni di persone in questo modo, sono davvero tante.
Questo vale anche per i cosiddetti ristori?
Sicuramente, anche i ristori non sono una medicina che cura, è una medicina che fa passare il dolore solo temporaneamente, ma poi il dolore torna.
Che misure, allora, andrebbero prese secondo lei?
Bisogna far ripartire l’economia: ce lo hanno insegnato la Germania e i paesi del Nord Europa, in un momento di crisi bisogna pensare a questo, non certo all’assistenza, che serve solo a tamponare l’emergenza. Non ho la bacchetta magica, ma settori come il turismo non ripartiranno al cento per cento neanche l’anno prossimo, così pure la manifattura e tutto l’export: sarà una crisi lunga. Ci aspettiamo con lo sblocco degli sfratti esecutivi, che sono stati prolungati fino a giugno, che quando diventeranno esecutivi ci saranno decine di migliaia di persone che finiranno in mezzo alla strada. Il welfare dovrà occuparsi di loro e sarà una situazione disastrosa.
Finiranno anche i blocchi dei licenziamenti.
E la cassa integrazione. Molte aziende sanno già che non riprenderanno più l’attività di prima, ci saranno decine di migliaia di persone che rimarranno senza lavoro. Se le persone entrano solo in stato di disagio senza uscirne la crisi sarà drammatica.
Voi cosa fate in tutto questo quadro?
Noi come associazione ci stiamo occupando anche dell’uscita da questo stato, ma siamo una goccia nel mare. Il nostro progetto Mirasole sta facendo formazione professionale, perché comunque le attività stanno cambiando, bisogna aggiornarsi per riuscire a stare dietro al cambiamento del mondo del lavoro.
Le famiglie più numerose sono maggiormente esposte alle conseguenze della crisi con una incidenza di povertà assoluta che passa dal 9,2% all’11,6%. L’incidenza di povertà tra i minori di 18 anni sale di due punti. La famiglia in Italia è stata sempre trascurata, è un peso che si aggiunge a un peso che già c’era, è d’accordo?
Certo, non solo ci portiamo un peso, ma stiamo creando nell’immaginario collettivo un futuro dove avere una famiglia numerosa è un dramma economico, per cui i nostri figli non hanno la visione di una famiglia con figli. Anzi, non ci pensano più. In Francia lo Stato aiuta chi mette al mondo dei figli a crescerli con facilitazioni rispetto alla scuola e ad altre spese da sostenere. In Italia non è mai stato fatto.
(Paolo Vites)