La recente pubblicazione da parte di Eurostat dell’edizione 2024 del volume Key figures on European living conditions (Cifre chiave sulle condizioni di vita in Europa) offre l’opportunità di gettare uno sguardo su alcune caratteristiche quantitative della vita delle nazioni (ed anche delle regioni) del nostro continente. Tra le informazioni contenute nel rapporto questo contributo ne ha selezionate due tipologie: da una parte alcuni aspetti economici (reddito e povertà), dall’altra qualche notizia sulla sanità.



Come indica la figura 1, il reddito annuale mediano pro-capite (espresso in PPS, ossia a parità di potere d’acquisto) è risultato nel 2023 di 19.955 euro, con la distribuzione geografica mostrata dal grafico: si osserva una grande variabilità territoriale tra le nazioni europee, con i Paesi che stanno al Nord ed all’Ovest che presentano i valori di reddito più elevati mentre i Paesi baltici e quelli dell’Est registrano i valori più bassi. Si va dai 10.670 euro per abitante in Slovacchia, ai 10 960 in Ungheria, 11 084 in Romania e 11 155 in Bulgaria fino ai 28.690 in Austria e 34.777 in Lussemburgo.



Figura 1. Reddito annuale mediano pro-capite in euro PPS (Purchasing Power Standard). Anno 2023. Fonte: “Key figures on European living conditions”, Eurostat, 2024.

Nota bene. Il PPS è un indice che descrive quante unità di euro servono per acquistare nei diversi Paesi un uguale paniere di merci e di servizi. È quindi una moneta artificiale comune che, tenendo conto delle differenze di prezzo esistenti tra le varie nazioni, rende i valori confrontabili.

Se si guardano i valori delle regioni all’interno delle nazioni il rapporto di Eurostat ci avverte che le maggiori disparità territoriali si osservano in Bulgaria e Lituania mentre il reddito è più equamente distribuito nelle regioni in Belgio, Repubblica Ceca, Slovacchia e Slovenia.



Un secondo indicatore calcolato da Eurostat è la percentuale di persone che nel 2023 sono risultate a rischio di povertà o esclusione sociale, percentuale che include chi è al di sotto della soglia di reddito che definisce la povertà della propria nazione, o ha in corso una esperienza di severa deprivazione materiale e sociale, o ancora è in età da lavoro e vive in una famiglia con una intensità di lavoro molto bassa (gli adulti lavorano per meno del 20% del tempo di lavoro potenziale). Nel 2023, 94,6 milioni di persone in Europa (21,4% della popolazione) sono risultate a rischio di povertà o esclusione sociale (appena di meno rispetto al 2022 dove erano il 21,6%). Quasi 72 milioni erano a rischio solo di povertà, mentre 5,5 milioni presentavano contemporaneamente tutti e tre i requisiti. La Figura 2 riporta la distribuzione per regione dell’indicatore.

Figura 2. Percentuale di popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale. Anno 2023. Fonte: “Key figures on European living conditions”, Eurostat, 2024.

Il Rapporto ci avverte inoltre che il rischio di povertà ed esclusione sociale era più elevato nei giovani (<18 anni) e minore negli ultra 65enni, maggiore nelle città rispetto alle aree rurali ed alle periferie, più elevato nei livelli scolastici più bassi, nella popolazione disoccupata o inattiva, nei cittadini europei che vivono nel continente ma al di fuori della propria nazione e nei cittadini non europei. Inoltre, in tutte le nazioni europee la quota di popolazione a rischio di povertà ed esclusione sociale è risultata più alta tra le persone con disabilità che tra quelle senza disabilità.

Risulta evidente nel 2023 la eterogenea distribuzione territoriale del rischio di povertà ed esclusione sociale nelle regioni europee: in 19 regioni dell’UE era almeno del 35,0% (la maggior parte di queste regioni si trovava in Bulgaria, Grecia sud-occidentale, Spagna meridionale, regioni ultraperiferiche della Francia, Italia meridionale, Romania orientale e meridionale, ed anche la regione della capitale belga). La Guyana in Francia (49,5%), la Calabria nell’Italia meridionale (48,6%) e il Sud-Est in Romania (45,3%) hanno registrato le quote più alte. Meno del 10,0% delle persone era a rischio di povertà o esclusione sociale in 5 regioni: le regioni capitali della Repubblica Ceca e della Polonia, una regione confinante con la capitale della Repubblica Ceca, e due regioni dell’Italia settentrionale (Provincia di Bolzano, Emilia-Romagna). Per quanto riguarda l’Italia, è rilevante la differenza tra tutte le regioni del Nord (ed alcune del Centro), dove il rischio di povertà ed esclusione sociale è molto basso, e tutte quelle del Sud e del centro del Paese, dove tale rischio è alto.

Passando al capitolo salute, il Rapporto di Eurostat segnala innanzitutto che nel 2023 il 67,9% della popolazione con 16 anni o più di età ha percepito la propria salute come molto buona o buona, mentre l’8,8% la percepisce come molto cattiva o cattiva. Queste percentuali cambiano molto in funzione del titolo di studio: in tutte le nazioni europee (Lettonia esclusa) la popolazione con basso livello di istruzione presenta una percentuale più bassa (56,1% in media) di persone che ha percepito la propria salute come molto buona o buona.

Per quanto riguarda la necessità di visite mediche ed esami, la percentuale di persone di 16 anni o più per le quali tale necessità non ha trovato soddisfazione è generalmente contenuta, essendo risultata del 2,4% (Figura 3). Tra i motivi dell’insoddisfazione sono state indicate le liste d’attesa (1,2%), il costo eccessivo (1,0%), e la distanza dal luogo di erogazione (0,1%). Tra le regioni le 5 dove sono risultati più elevati i bisogni non soddisfatti di visite ed esami sono state registrate tutte in Grecia (dove per altro tutte e 13 le regioni hanno presentato i valori più elevati di insoddisfazione). All’altro estremo, i valori più bassi sono stati registrati a Malta e Cipro, entrambe allo 0,1%. In Italia la situazione è risultata piuttosto variabile, con una differenza molto netta tra le regioni del Nord e quelle del Centro-Sud, e con le isole che presentano la performance peggiore.

Figura 3. Percentuale di popolazione con necessità di visite mediche ed esami non soddisfatte. Anno 2023. Fonte: “Key figures on European living conditions”, Eurostat, 2024.

L’ultima informazione che riprendiamo dal Rapporto di Eurostat riguarda la spesa media annuale delle famiglie per la salute, che nell’UE nel 2022 è stata di 810 euro per abitante. Questo valore varia notevolmente tra i Paesi dell’Unione, dove si va da meno di 400 euro per abitante in Slovacchia, Ungheria e Repubblica Ceca a 1.500 euro o più in Lussemburgo e Belgio. L’Italia si colloca nella fascia di Paesi con spesa bassa (400-600 euro per persona). Secondo il Rapporto queste variazioni riflettono, almeno in parte, le diverse tipologie di erogazione dell’assistenza sanitaria esistenti nei Paesi dell’UE nonché le differenze nel livello dei prezzi di merci e servizi.

Figura 4. Spesa media annuale delle famiglie per la salute, in euro pro-capite. Anno 2022. Fonte: “Key figures on European living conditions”, Eurostat, 2024.

Il Rapporto di Eurostat chiude con qualche informazione che riguarda la soddisfazione complessiva (in termini soggettivi) della propria vita e segnala che tale soddisfazione nell’insieme delle nazioni dell’Unione nel 2023 era sostanzialmente analoga a quella del 2018. Per molti Paesi nel quinquennio la soddisfazione è peggiorata (Danimarca, Finlandia, Irlanda, Norvegia, Svezia, …) mentre per altri è migliorata (quasi tutto l’Est europeo oltre a Cipro e Grecia): l’Italia, seppur con una variazione limitata, ha visto il suo valore in miglioramento, anche se permane leggermente inferiore alla media europea.

Volendo sintetizzare, due sono i messaggi principali che i risultati descritti nel Rapporto suggeriscono. L’Unione Europea si presenta come un insieme di Paesi che sul tema della ricchezza e della povertà, da una parte, e su quello della sanità (e dintorni), dall’altra, presentano forti eterogeneità che in generale distinguono le nazioni ad Est del continente da quelle ad Ovest. L’avevamo già osservato nella serie di articoli che queste colonne avevano proposto in preparazione alle ultime elezioni europee: qui cambiano i parametri che vengono analizzati ma il risultato è lo stesso.

In aggiunta, però, il nuovo Rapporto grazie ad un dettaglio geografico nei risultati evidenzia che l’eterogeneità non riguarda solo le nazioni come tali, ma si ripete per molti Paesi tra le regioni che li compongono: da questo punto di vista particolarmente emblematico (ma non è il solo) è il caso dell’Italia e delle sue differenze tra le regioni del Nord e quelle del Centro-Sud. Ne consegue che qualunque politica l’Unione volesse intraprendere sui temi che qui sono stati toccati dovrà necessariamente avere l’obiettivo di ridurre queste eterogeneità territoriali, anche con richieste e proposte che in qualche modo dovranno entrare persino all’interno dei singoli Paesi: non potrà quindi essere una politica “a pioggia”, ma dovrà intervenire con diversa forza in funzione di quanto maggiore deve essere lo sforzo che le singole nazioni (nel complesso, ma anche al loro interno) devono compiere.

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