Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, durante la puntata di Porta a Porta ha affrontato la questione del maltempo in Emilia-Romagna e dell’esondazione dei fiumi. Ritiene, infatti, che si tratti di un problema strutturale e infrastrutturale, di mancati interventi, talvolta bloccati, che avrebbero potuto salvare le persone coinvolte, ed anche il lavoro dei numerosi agricoltori dell’area.
Per Ettore Prandini quanto successo in Emilia-Romagna, concretamente, è una “situazioni drammatiche”, il cui esito tuttavia è anche quello di mettere “in gioco il lavoro di generazioni. Non è solo la vita delle persone colpite in questo momento”, spiega, “ma anche il lavoro di intere generazioni, totalmente cancellato. In un settore già pesantemente compromesso come quello ortofrutticolo, in questo momento la tempestività nel dare segnali è quello che serva agli agricoltori per fargli capire che devono continuare a svolgere la loro attività”. Secondo Ettore Prandini, infatti, “davanti a un fenomeno come questo che spesso e volentieri, in modo diverso, si ripete, abbiamo un ulteriore pericolo”, ovvero che “tanta gente abbandona il lavoro“.
Ettore Prandini: “Bisognava contenere le nutrie”
Ettore Prandini, però, avverte anche che per la situazione dell’Emilia-Romagna che “noi abbiamo chiesto al governo di nominare un commissario, come venne fatto nel 2012 perché solo in termini di tempestività, noi abbiamo la possibilità di poter intervenire”. Secondo lui, infatti, “servono poteri speciali” perché “abbiamo una lungaggine nella creazione delle infrastrutture e la maggior parte non entra in funzione perché manca sempre l’ultimo miglio prima della realizzazione, ed alcune sono ferme da 20/30 anni”.
Poi, Ettore Prandini ci tiene anche a fare quello che ritiene “un discorso scomodo, che magari bisognerebbe evitare per non compromettere i rapporti”, ma che comunque per l’Emilia-Romagna e tutte le situazioni simili “va fatto: noi abbiamo una grave colpa, per anni il letto dei fiumi non l’abbiamo mai toccato perché si diceva che era impossibile farlo, e quello è aumentato in modo significativo. Non abbiamo fatto il contenimento di alcune specie animali”, continua Ettore Prandini, “come le nutrie che scavano canali infiniti sugli argini e sulle sponde dei fiumi che sono quelli che hanno fatto crollare gli argini creando quelle situazioni che oggi sono drammatiche. Se non abbiamo il coraggio di intervenire”, conclude, “capendo come andiamo a compromettere il territorio stesso e la vita di persone, oltre che il lavoro, vuol dire che ancora una volta non avremo capito dove andiamo a mettere le mani”.