DOPO GLI ATTACCHI DI LEPORE REPLICA IL PREFETTO DI BOLOGNA: “IL SINDACO SAPEVA, RICOSTRUZIONI INFONDATE”

Il prefetto di Bologna Attilio Visconti non ci sta ad accettare la versione del sindaco Matteo Lepore che ha pubblicamente accusato il funzionario pubblico di aver mentito in merito agli scontri avvenuti sabato 9 novembre 2024 nel centro di Bologna tra antagonisti antifascisti e 7 agenti di Polizia (impegnati a limitare il corteo regolare di CasaPound e Rete dei Patrioti). Intervistato dal “Corriere della Sera”, il prefetto ricostruisce la catena di ordini, responsabilità e fatti avvenuti nel difficile weekend che anticipa il voto per le Elezioni Regionali in Emilia Romagna.



E così da Visconti scopriamo che il Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica aveva preso atto della manifestazione regolare richiesta ben 2 mesi in anticipo: non è stato possibile annullarla semplicemente perché non sono emersi «motivi ostativi». Data la forte connotazione politica però sono stati allertati i consueti mediatori tra Questura, Prefettura e organizzatori dell’estrema destra, il tutto per «evitare assembramenti nel centro e quindi a delocalizzarla fuori dall’area storica». Ma è poi nelle dichiarazioni rese a più riprese da Lepore – che attacca Meloni dicendo che ha «inviato 300 camicie nere prima del voto» e sostiene che da sindaco è stato tenuto all’oscuro dell’organizzazione sulla manifestazione – che fanno scattare la replica, comunque garbata, del prefetto Visconti: sempre al “Corriere” sottolinea di aver chiesto al sindaco di Bologna quale fosse il luogo più adatto per il corteo di CasaPound se la mediazione fosse stata positiva, con risposta data su Piazza della Pace. La mediazione ha avuto effetti comunque non negativi, rileva il prefetto, con questi risultati: «riduzione del percorso che della durata della manifestazione», ma anche l’impegno a non raggiungere piazza XX Settembre, cosa che poi alla fine è avvenuta essendosi il corteo concluso in via Gramsci.



DI CHI SONO LE RESPONSABILITÀ SUGLI SCONTRI DI BOLOGNA? L’ULTIMO SCAMBIO MELONI-LEPORE E…

Il concetto chiave ribadito dal prefetto di Bologna è che l’accusa lanciatagli contro da Lepore è profondamente non corretta: di tutto l’iter descritto oggi nell’intervista al “Corriere”, Visconti ritiene che ogni passaggio sia stato comunicato e documentato al Comune di Bologna. Lepore in sostanza «era perfettamente a conoscenza» che appena dopo il Comitato il prefetto stesso si è recato da lui per rassicurarlo circa la gestione organizzata di tutte le prevenzioni con le forze di polizia. Anche sull’accusa di Lepore per la presunta indicazione giunta dal Ministero degli Interni per consentire il corteo di CasaPound in centro, Visconti smentisce la narrazione fatta dal sindaco Pd: «non è giunta alcuna indicazione in ordine allo svolgimento dell’evento o alle modalità di gestione da parte del ministero dell’Interno o da chiunque altro».



Ogni valutazione è stata presa con l’orizzonte della pubblica sicurezza ed è oltremodo falso, tanto il divieto iniziale quanto il via libera finale del Viminale gestito dal Ministro Piantedosi: da ultimo, Visconti smentisce quanto visto in un video divenuto virale sulla presunta indicazione dei militanti di destra ai dirigenti della Polizia per svolgere determinate indicazioni contro gli antagonisti. La Questura di Bologna già ieri aveva smentito del tutto il fatto, mentre il dialogo tra i militanti e i funzionari del Questore «rientrano nella normalità di ogni manifestazione» per garantire un pacifico svolgimento. Il tema chiave, conclude poi il prefetto Visconti, è chi abbia alla fine realmente provocato quegli scontri in grado poi da accendere la polemica tra Lepore e il Governo Meloni: secondo il funzionario non v’è dubbio, e già lo aveva spiegato durante il weekend, sono gli antagonisti e anarchici ad aver causato gli incidenti con le loro contromanifestazioni. Le bombe carta, le spranghe e le pietre lanciate contro i poliziotti stanno lì a dimostrarlo: quello che spiace, per il prefetto, è che il sindaco abbia detto che il Comitato aveva vietato il corteo inizialmente (e che poi il Viminale abbia levato quel divietò), «Sono ricostruzioni infondate che hanno trascinato la Prefettura di Bologna e le forze di polizia in una polemica del tutto infondata».

Al netto delle considerazioni sulla presenza della vicesindaco di Bologna Emily Clancy all’interno del corteo da cui si è poi staccato il gruppo di antagonisti antifascisti che ha attaccato gli agenti, resta la polemica politica tra il Comune e il Governo: collegata lunedì al comizio finale di Elena Ugolini con gli altri leader del Centrodestra per le Regionali, la Premier Giorgia Meloni ha accusato il sindaco di avere una doppia faccia in pubblico e privato, «Perché io diffido di chi in privato mi chiede cortesemente collaborazione e invece a favore di telecamera mi accusa di essere una picchiatrice fascista». Il pericolo del ritorno fascista, ha concluso Meloni, «arriva sempre insieme alle elezioni» ma i cittadini non sono stupidi e «hanno capito il gioco della sinistra». Replica diretta arriva poi da Matteo Lepore in una nota dove spiega che l’ordine pubblico non andava gestito come nello scorso weekend, dando colpa al Viminale. E sulla Presidente del Consiglio aggiunge: «Meloni non scambi le richieste di collaborazione per l’alluvione con l’obbedienza al capo».