Il rientro a scuola potrebbe spingere la curva dell’epidemia Covid in Italia. A sostenerlo è il virologo Fabrizio Pregliasco, intervenuto oggi a “Omnibus”. «Noi ci aspettiamo ancora una crescita dell’epidemia, che in alcune regioni sta raggiungendo un plateau, ma non escludiamo che con il rientro a scuola possa evidenziarla in modo pesante», ha dichiarato il professore dell’Università Statale di Milano. Al momento l’Italia si trova in una «fase ascendente, avendo ritardato le riaperture, è lenta, mentre altri Stati hanno permesso al virus di circolare». Bisogna però minimizzare la diffusione del coronavirus con le vaccinazioni e le misure di prevenzione. «Non c’è un manuale di gestione, quindi diventa una mediazione sulla praticabilità. Ad esempio, serve attenzione all’ingresso delle metro, ma so che è difficile», ha aggiunto Pregliasco.
Bisogna anche correre con la campagna vaccinale: «Questo virus ci ha fatto vedere che riesce a modificarsi, a sfruttare questa opzione da parassita di trovare nuove varianti ed è il problema che Fauci ha sollevato».
PREGLIASCO E IL PROBLEMA TERZA DOSE
Riguardo le varianti Covid, Fabrizio Pregliasco ha predicato prudenza: «Siamo in ballo con la variante Delta, ma ce ne sono 900 note, alcune che ci inquietano di più, mentre altre sono piccole variazioni. Il suo obiettivo è ottenere una maggiore contagiosità». Per questo bisogna continuare a rispettare le misure di prevenzione e vaccinarsi. A tal proposito, ha parlato anche della terza dose: «È un problema, perché non ci sono certezze sulla durata dell’immunità. Si ipotizzano 9-12 mesi, ma qualche studio, come quello in Israele, ci dice che a 6 mesi la protezione comincia ad arrancare, infatti si sta cominciando con la terza dose». In merito a ciò, ha confermato che dai test a cui si sono sottoposti periodicamente gli operatori sanitari è emerso che «gli anticorpi sono già calati». D’altra parte, manca una modalità di valutazione dell’immunità. Infine, riguardo il Green pass, ha contestato da medico la scelta di calmierare i prezzi: «È un elemento di dissuasione rispetto al vaccino, che ci protegge per sei mesi. E sui test salivari manca una conferma di validità».