Con l’approvazione dell’emendamento proposto dall’ex Presidente del Senato, sen. Marcello Pera, il disegno del premierato all’italiana si sta progressivamente arricchendo.

Soprattutto, si è preso atto che non basta la sola modifica del sistema di designazione del Presidente del Consiglio nel segno della diretta legittimazione popolare. Se così fosse, infatti, gli effetti concreti di questa rilevantissima novità dipenderebbero soltanto dalla consueta variabilità della lotta politica quotidiana. In definitiva, al di là delle usuali schermaglie ideologiche, nessuno può prevedere con ragionevole certezza quale sarebbe davvero il nuovo ruolo costituzionale del Premier eletto dal popolo, né come l’elezione diretta del Presidente del Consiglio inciderebbe sull’effettivo assetto dei rapporti tra Capo dello Stato, vertice dell’esecutivo e Parlamento.



Con l’emendamento Pera si affronta il cruciale tema dei rapporti del Governo con il Capo dello Stato, assegnando a quest’ultimo l’esclusiva competenza su alcuni rilevanti poteri, che sarebbero esercitati in piena autonomia, cioè senza la necessità della controfirma governativa. I restanti poteri presidenziali, invece, resterebbero assoggettati alla controfirma. Quest’ultima, quindi, tornerebbe ad assumere quella essenziale finalità – rivolta alla piena responsabilità politica e giuridica del Governo sul complesso degli atti presidenziali – che nella prassi si è progressivamente sfilacciata.



In tal modo, a ben vedere, si inserisce nel modello riformatore un meccanismo che è tipico del semi-presidenzialismo francese, sistema che può essere definito come un “esecutivo a due teste”. Dove, cioè, i poteri di indirizzo e di governo della collettività sono ripartiti tra Capo dello Stato e Primo ministro secondo un rapporto che è definito dalla Costituzione francese anche mediante la previsione di atti presidenziali esenti dalla controfirma governativa. A tal proposito, l’esperienza ha poi insegnato che l’effettiva ripartizione dei poteri è stata concretamente determinata dall’allineamento oppure (nel caso della cosiddetta “coabitazione”) dal disallineamento politico tra le due figure, una (il Presidente della Repubblica) eletta direttamente dal popolo, e l’altra (il Presidente del Consiglio) vincolata dal rapporto di fiducia con l’Assemblea nazionale.



Nella strada verso il premierato all’italiana, allora, si intende utilizzare una strategia simile: la distinzione formale dei poteri del Capo dello Stato mediante un’apposita disciplina che, sottraendo alcuni atti presidenziali alla controfirma, espanderebbe la sfera di influenza spettante al Governo. Tuttavia, rispetto alla Francia, oltre al ribaltamento della diretta derivazione popolare tra le due istituzioni, residuerebbero altre differenze di non poco conto. Soprattutto, non solo si manterrà la differenza temporale (che in Francia esisteva originariamente, ma poi è stata cancellata) tra il mandato presidenziale e la durata quinquennale della legislatura, ma soprattutto non si prevede l’introduzione di una disciplina costituzionale sulla questione di fiducia (disciplina che nella Costituzione francese è assai dettagliata). Così come, ancora, non si dispone alcunché sulla revoca dei ministri.

Si tratta di alcune delle questioni – per così dire, di non mero “contorno” – di cui sarebbe opportuno tenere conto, integrando ulteriormente il progetto di riforma, se si intende dare all’Italia un sistema di governo più stabile, rappresentativo, efficace ed equilibrato.

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