Caro direttore,
il sì della Commissione Affari costituzionali al ddl Casellati sulla forma di governo, che ora andrà in Aula, rimette al centro dell’attenzione il tema, già affrontato su queste pagine, del premierato. È indubbiamente un tema importantissimo, perché riguarda la stabilità dei governi. Il recente passato infatti dovrebbe far capire a tutti come una maggiore stabilità degli esecutivi sia non solo augurabile, ma necessaria. Ripercorrendo le elezioni dal 2008, all’ultimo Governo Berlusconi (Berlusconi IV) è succeduto un solo Governo nella stessa legislatura (Monti), poi nella legislatura nata dalle elezioni del 2013 si sono succeduti al governo i presidenti del Consiglio Letta, Renzi, Gentiloni, tutti tendenzialmente con la stessa maggioranza parlamentare, con la differenza del Pdl che, tornato ad essere Forza Italia, subì la fuoriuscita di alcuni parlamentari che rimasero a sostegno del Governo creando il Ncd. Dopodiché, successivamente alle elezioni politiche del 2018, il Parlamento ha dato vita a un’incredibile serie di governi sostenuti da maggioranze diverse e addirittura opposte: il Governo Conte 1, sostenuto da M5s e Lega, poi il Governo Conte 2, sostenuto da M5s, Pd e tutta la galassia di sinistra e infine il Governo Draghi, sostenuto dall’intero Parlamento ad eccezione di FdI. Con le elezioni politiche del 2022 il nuovo Parlamento ha invece dato la fiducia al Governo Meloni.
Il breve excursus evidenzia come in appena quattro tornate di legislature (cioè negli ultimi 14 anni), di cui l’ultima attualmente in corso, si siano succeduti 9 governi con 9 presidenti del Consiglio diversi, per una durata media poco superiore all’anno. Per avere un’idea ancora più accurata, dal 2005 al 2021 in Germania Angela Merkel è rimasta cancelliera (pur sostenuta da maggioranze diverse), in Francia si sono alternati 3 presidenti francesi (Sarkozy, Hollande, Macron) e in America 4 presidenti (Bush, a fine mandato nel 2009, Obama, Trump e Biden). Questo elenco di nomi sta a indicare come, anche in relazione ai rapporti internazionali, spesso i governi esteri si sono trovati a discutere questioni politiche con un interlocutore che non erano sicuri di ritrovare nell’incontro successivo.
Ma non è solo una questione di politica estera, pur importantissima, o di confronto con gli altri Stati. La stabilità del Governo e della legislatura è fondamentale perché permette di portare un programma politico pluriennale a compimento, senza pensare esclusivamente al tornaconto elettorale nell’immediato. In questo senso il calo dell’evasione fiscale recentemente registrato è anche frutto di alcuni provvedimenti fatti dal Governo Renzi i quali però, per essere efficaci, hanno avuto bisogno di tempo. Da Renzi ad oggi si sono succeduti 5 governi, con idee politiche diverse e spesso divergenti. La stabilità dei governi inoltre è essenziale per ragionare di politiche economiche e industriali, che sono necessariamente a lungo periodo, così come rimane fondamentale per prendere sul serio la questione drammatica della denatalità, su cui serve ragionare pensando appunto ai prossimi vent’anni.
Un’altra questione legata a governi stabili riguarda l’affidabilità internazionale data dai mercati: con uno spread stabile o in calo grazie a una non più presente instabilità politica, gli investitori saranno sempre più attratti ad investire in Italia e, al tempo stesso, i tassi d’interesse, rimanendo pressoché stabili, consentiranno di avere una minore spesa per interessi e quindi più liquidità da investire nelle manovre finanziarie e in altri provvedimenti.
Come raggiungere però questa stabilità, i cui effetti positivi sono stati presentati troppo velocemente e con qualche semplificazione? Una delle idee attuali è quella del premierato, con il quale il voto dei cittadini inciderebbe direttamente sulla formazione del governo. Se poi il premier dovesse dimettersi o essere sfiduciato, al netto della possibilità di avere un secondo premier, si tornerà alle elezioni. Certo è un metodo che rivoluziona la repubblica parlamentare per come è stata conosciuta sinora. Non che questo non sia possibile, la Costituzione può essere modificata, come è già stato fatto altre volte, ed è anche corretto pensare a formule che meglio si adattino ai tempi.
Il punto non è però la Costituzione in sé, ma il fatto che questo cambio di passo nella formazione dei governi sia affidato esclusivamente ai meccanismi istituzionali, quando invece il problema, come spesso accade, è quello dei partiti in coalizione. Per fare un esempio il Governo Meloni può durare per tutta la legislatura, a meno di fratture all’interno della maggioranza. Così come nel premierato, qualora il Governo fosse sostenuto da più partiti, il problema rimarrebbero non solo i numeri, ma anche e soprattutto i rapporti interni alla coalizione. Allora, ben vengano nuove configurazioni istituzionali (il premierato o altro) se più adatte ai tempi, ma non è possibile affidarsi solo a queste, tralasciando la parte più importante.
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