LA BOZZA DELLA RIFORMA SUL PREMIERATO VENERDÌ IN CDM: CONFERMATA LA NORMA ANTI-RIBALTONE
Domani alle ore 11 è convocato a Palazzo Chigi il Consiglio dei Ministri con all’ordine del giorno la riforma del Premierato (ddl Casellati) e lo schema di governance del Piano Mattei fortemente voluto dalla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Dopo il vertice di maggioranza di lunedì scorso, la bozza sulla riforma per l’elezione diretta del Premier è ormai pronta a sbarcare domani in CdM: stop ai governi tecnici, norma anti-ribaltone, orientamento sula nuova legge elettorale, il progetto di riforma messo in campo dalla Ministra Casellati è ormai pronto a verificare se in Parlamento troverà i 2/3 necessari per approvare il disegno di legge senza dover passare per il Referendum costituzionale.
Missione difficile ma non impossibile, secondo il Governo. Ecco qui di seguito le principali novità presenti all’interno della bozza del “Disegno di legge costituzionale per l”Introduzione dell’elezione popolare diretta del presidente del Consiglio dei Ministri e razionalizzazione del rapporto di fiducia”, visionata dall’Adnkronos:
Elezione diretta del Premier
«Il presidente del Consiglio è eletto a suffragio universale e diretto, in unico turno, per la durata di cinque anni. Le votazioni per l’elezione del presidente del Consiglio e delle Camere avvengono tramite un’unica scheda elettorale»: come riferisce la bozza della riforma sul Premierato, viene costituzionalizzato il premio di maggioranza, fissato al 55% dei seggi delle Camere in caso di vittoria alle urne. Il Premier è «eletto nella Camera nella quale ha presentato la sua candidatura», mentre restano poteri intatti al Colle tranne per l’elezione del Premier, che appunto avverrebbe via elezioni politiche a partire dalla fine del Settennato dell’attuale Presidente Mattarella. Viene esclusa la possibilità per il Presidente della Repubblica di sciogliere una sola delle due Camere.
Norma anti-ribaltone: la bozza sul Premierato
La bozza della riforma Casellati vede la conferma della norma anti-ribaltone in caso di “caduta” del Presidente del Consiglio eletto: la tendenza è quella di eliminare la possibilità di Governi tecnici. Si potrebbe infatti ricostruire la maggioranza a condizioni stringenti: o con lo stesso Premier; o con un altro esponente della stessa maggioranza eletto nelle Politiche. Qualora non si concretizzassero maggioranze da queste due opzioni, obbligatorio il ritorno alle urne per le Elezioni anticipate: ai fini del raggiungimento della maggioranza per l’approvazione della mozione di fiducia, si legge ancora nella bozza, «vengono presi in considerazione solamente i voti favorevoli dei parlamentari eletti in collegamento al presidente eletto, nonché dei parlamentari che hanno votato la mozione di fiducia al governo presieduto dal Presidente del consiglio eletto». La norma anti-ribaltone potrebbe però applicarsi una volta sola per legislatura consentendo così la via delle urne anticipate qualora anche il “secondo” Premier dovesse “cadere” in Parlamento.
Senatori a vita verso l’abolizione
La bozza del disegno di legge costituzionale prevede infine lo stop alla nomina di nuovi senatori a vita, ad eccezione per i Presidenti della Repubblica che terminano i loro incarichi. Intervento sull’articolo 59 della Costituzione togliendo la facoltà del Colle di nominare nuovi senatori a vita; quelli ancora presenti rimarranno fino a scadenza naturale o dimissioni. La legge costituzionale, secondo la bozza, si applica a decorrere dalla data del primo scioglimento delle Camere, successivo alla data di entrata in vigore della disciplina per l’elezione del Presidente del consiglio e delle Camere.
Si pensa anche al ballottaggio
Un’ultima ipotesi al momento ancora non inserita nella bozza sul Premierato è quanto riguarda un passaggio importante della legge elettorale che potrebbe essere collegata a questo nuovo progetto di riforma (che dunque si differenzia in parte dall’ipotesi iniziale di Presidenzialismo alla francese): vista l’impraticabilità di un sistema proporzionale legato al Premierato – come dimostra il fallimento del sistema simile in Israele con il problema del governo stabile nelle ultime 5 elezioni in pochi mesi – l’ipotesi messa in piedi in queste ore potrebbe avvicinarsi ad un maggioritario con però possibilità eventuale del ricorso al ballottaggio.
Il Centrodestra non ha mai amato troppo il doppio turno anche per motivi strettamente elettorali, con l’unirsi delle tante componenti del centro-sinistra che a livello locale nelle Comunali alle volte sono riuscite a ribaltare i risultati del primo turno che davano vincente la coalizione conservatrice. Come ben spiega “il Messaggero”, due sentenze della Corte Costituzionale fissano come premio di maggioranza “massimo” il 15%, ergo significa che nel caso di nuova legge elettorale con il Premierato si deve fissare al 40% la soglia per la coalizione vincente in grado di poter governare: sotto quella soglia si potrebbe dunque prevedere un ballottaggio. Lega e Forza Italia in realtà puntano a costruire un sistema elettorale molto simile al turno unico delle Elezioni Regionali.
MELONI SUL PREMIERATO: “REFERENDUM? NON MI DIMETTO. SULL’AUTONOMIA…”.
«Non farò la fine di Matteo Renzi: non politicizzerò il referendum sulle riforme»: così avrebbe detto Giorgia Meloni ai suoi in questi ultimi giorni fibrillanti per presentare la riforma costituzionale del Premierato, «Non sarà una battaglia epocale del governo, ma un punto del programma per il quale gli italiani ci hanno votati: stiamo tranquilli». Il referendum sembra l’ipotesi più probabile in quanto non basteranno i voti di Renzi in Parlamento per raggiungere i due terzi del totale in grado di approvare la riforma Casellati. Quello però che la Premier ha ribadito pubblicamente durante la presentazione del libro di Bruno Vespa è l’insistere con le due riforme vitali del programma di Centrodestra: Premierato (e non più Presidenzialismo) e Autonomia.
Spiega Meloni: «L’autonomia differenziata cammina di pari passo con il premierato, le due cose si tengono insieme. Oggi il grande vulnus è dato dal fatto che le regioni hanno un’autorevolezza e una stabilità che mancano al governo centrale, perché il presidente del Consiglio non è eletto direttamente. Se vuoi dare ulteriori poteri alle regioni virtuose, devi avere i giusti contrappesi». Noi, conclude la Presidente del Consiglio, «potremo trasferire altre risorse e competenze nel rapporto bilaterale con le regioni che lo meritano, a patto di non togliere nulla alle altre. Perciò è indispensabile stabilire la soglia dei servizi essenziali sotto la quale nessuna regione può andare».