Il Premio Strega quest’anno raddoppia la posta: dopo i fasti del premio di narrativa, il più famoso d’Italia, si è affiancato il nuovo Premio di Poesia, dedicato a una raccolta poetica pubblicata di recente. La giuria è stata scelta per un lancio il più stellare possibile: oltre a Stefano Petrocchi, già segretario del comitato direttivo del Premio, le star sono Melania Mazzucco, che il Premio Strega l’ha vinto nel 2003 con il romanzo Vita dopo essere stata più d’una volta finalista, e Marco Desiati, oltre che narratore e poeta, caporedattore della storica rivista Nuovi Argomenti e redattore della Mondadori. Più specializzati sono Antonio Riccardi, direttore della collana di poesia Garzanti, Gian Mario Villalta, patron di “Pordenonelegge”, quello in cui, più che negli altri festival, viene valorizzata la poesia, Valerio Magrelli ed Enrico Testa, autori ma anche (si dice) consiglieri della collana di poesia Einaudi.



Poi, assieme allo stesso Magrelli, c’è un nutrito gruppo romano: Andrea Cortellessa, professore universitario e difensore della poesia dello sperimentalismo linguistico e del meticciato con altre discipline, come la musica, il teatro, gli slam poetry e via dicendo, Laura Pugno che sta sulla stessa onda, la poetessa romana e autrice mondadoriana Maria Grazia Calandrone, Elisa Donzelli, che dirige la collana di poesia della casa editrice omonima, fondata a Roma dal padre Carmine dopo l’esperienza in Einaudi: Donzelli insegna all’università di Pisa, dove fino al duemila ha tenuto corsi anche Magrelli.



Come si vede, tanti i fili sotterranei nella giuria e se, infine, aggiungiamo Roberto Galaverni, recensore di poesia per il Corriere della Sera, si comprende come la dirigenza dello Strega abbia voluto individuare una specie di gotha dell’editoria della poesia italiana. Domani, al Salone del Libro di Torino, verrà annunciata in pompa magna la cinquina finalista del primo Premio Strega Poesia. Dei 135 titoli scelti per concorrere ne sono rimasti in gara 44, da cui verrà estratta la cinquina finale, come avviene, grosso modo, per lo Strega di narrativa.

Dopo aver allineato giurati e scuderie di appartenenza, scorrendo i nomi dei quarantaquattro poeti non sembra difficile profetizzarne la cinquina. Precedenza, ovviamente, alle major dell’editoria: Mondadori, Garzanti, Einaudi. La collana poetica dello Specchio Mondadori non ha nell’ultimo anno brillato granché. Dei due titoli superstiti, l’arcinota Vivian Lamarque surclassa la sconosciuta e persino legnosa e letteraria Tolusso, per cui sul primo nome non c’è dubbio.



Riccardi con la Garzanti ha recentemente proposto, oltre sé stesso, Mario Santagostini, Umberto Fiori, e Gian Mario Villalta: ma quest’ultimo non è passato (essendo in giuria, la già scarsa eleganza del Premio ne sarebbe uscita distrutta) e, degli altri due, il libro di Santagostini è abbastanza moscio e poi Fiori, l’ex, indimenticato musicista del gruppo rock degli Stormy Six e figlio di un comandante partigiano, ha un credito di popolarità immensamente maggiore.

Il gruppo che ronza intorno all’Einaudi ha imposto, tra i quarantaquattro, diversi titoli di quelli pubblicati nell’ultimo anno: tutti mediocri (compreso il libro di Magrelli) eccetto uno, scritto da Silvia Bre, che ha anche il merito di essere romana. L’unico che potrebbe competere con lei è Aldo Nove, solo per la fama che gli giunge dai tempi dell’antologia dei cannibali e dall’essere attivo sui social; ma ha scritto un libro di 350 insfangabili sonetti, che neanche Petrarca. Rimaniamo nel dubbio, anche se personalmente non avremmo dubbi.

Roma poi vorrà la sua parte, soprattutto la Donzelli: due sono i libri rimasti in gara, quelli di Federico Italiano e di Christian Sinicco. Il primo, pur valido, è piuttosto giovane e fuori dalle righe. Sinicco invece ha fondato la Lips (Lega italiana poetry slam) e il vivace sito “Poesia del nostro tempo” e pare molto legato alla Donzelli stessa: possiede cioè requisiti che vanno molto nel milieu romano cortellessiano, accademico o pariolino che sia. Vedremo.

Il quinto nome non so trovarlo. Esauriti quelli che hanno agganci diretti coi mandarini editoriali, potrebbe essere il fuori-quota, messo lì a confondere un po’ le acque o a restituire un’obiettività e un’eleganza che speriamo il Premio abbia saputo salvaguardare a sé stesso. C’è un libro della Nave di Teseo, che però non sembra essere influente in campo poetico come lo è nella prosa, quello di Francesco Targhetta; ci sono le ottime opere di Claudio Damiani (Fazi) o Fabio Pusterla (Marcos y Marcos, dove lui stesso è curatore di collana), ma chissà; c’è Crocetti col libro di Daniele Piccini, c’è un bellissimo libro, quello di Eva Laudace per CartaCanta, ma lei è giovane e sconosciuta, e l’editore piccolo, quindi figurati. A dir la verità, è proprio nell’area della media e piccola poesia che speriamo venga pescato il vincitore, quell’incognito, quinto nome. Ma sarà durissima. Vedremo quale logica vincerà.

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