L’Italia è stata molto vicina a subire degli attentati di matrice islamica negli anni scorsi. Era di preciso il 2017, quando un gruppo di kosovari voleva far saltare in aria alcune delle principali città italiane, a cominciare da Venezia, passando per Milano, e arrivando fino a Roma. Sulla vicenda è tornata ieri sera la trasmissione di Rete 4, Fuori dal Coro, che ha intervistato in esclusiva Arjan Morina, un 21enne ragazzo kosovaro, all’epoca dei fatto poco più di un maggiorenne, che faceva parte di una cellula composta da altri suoi tre connazionali, scoperta ed espulsa poi dalla giustizia italiana. “Io ero considerato il più pericoloso dall’Italia? Lo sono”, dice Arjan Morina ai microfoni dell’inviata del programma di casa Mediaset: “Non ho maturato odio verso il vostro paese – ha proseguito – ma verso la vita che fanno gli immigrati nel vostro paese; voi che vivete nel vostro paese avete più diritti di loro”.
ARJAN MORINA: “NON PENSO DI AVER SBAGLIATO”
Arjan Morina non è però così convinto di aver agito al di là della legge: “Non penso di aver sbagliato”, ha specificato, per poi spiegare di essere arrivato in Italia “con un passeur in cambio di 200 euro, poi sono andato da mio zio che viveva già in Italia”. Ma perchè il desiderio di questi attentati? “Era l’adrenalina per poter essere qualcuno”. Arjan Morina rifiuta però il termine radicalizzato: “Io non sono mai stato radicalizzato, ho sempre fatto la mia, se voi mi vedete così è un’altra cosa, ero orientato sulla mia religione, non sognavamo di imitare l’Isis”. Quindi in chiusura di intervista spiega: “Le condanne le ho pagate, ma non credo – ribadisce – di aver sbagliato”. Arjan era stato condannato a sette anni di carcere con l’accusa di terrorismo; il recente attentatore di Vienna faceva parte della stessa cellula terroristica del kosovaro. “Venezia, Milan, Roma – dicevano i 4 kosovari come da intercettazioni agli atti – prendi tre bombe con te, non c’è morte più leggera della jihad. Venezia è la prima per quanti miscredenti ci sono qui, mettiamo una bomba al Ponte di Rialto”.