Il diritto all’oblio è ciò che distingue una società tirannica da una, al contrario, democratica e liberale. Per l’autorevole quotidiano della “gauche” francese Le Monde, il dibattito sulla prescrizione si risolve tutto in questa difficilmente contestabile constatazione. Il resto, per il quotidiano in questione, apparterrebbe alla categoria dello spirito dell’artificio e dell’impostura. E del volere usare il dolore sacrosanto e l’esigenza di giustizia – ad esempio – delle associazioni delle vittime di reati terribili come la violenza sessuale e i femminicidi come grimaldello per scardinare lo Stato di diritto.



L’articolo editoriale apparso una settimana orsono su Le Monde prende come esempio il caso di Roman Polansky e depreca l’infierire dei media e dei giudici sulla sua figura a 40 anni dal reato di cui fu accusato e il cui processo si doveva concludere con il risarcimento – cospicuo ed effettivamente erogato – alla vittima dell’epoca. Poi però Polansky decise di fuggire dall’America e di non presentarsi all’udienza preliminare e… la cosa andò a finire come tutti sanno.



In America i reati non si prescrivono e queste sono le conseguenze. Piuttosto discutibili, anche se nessuno potrebbe dire che negli Stati Uniti c’è una concezione tirannica della giustizia.

In Italia le cose si complicano perché il dibattito è incanaglito dal grillismo imperante, sui media e nella società.

Le accuse reciproche di “furbettismo” e di “buttarla in caciara” inquinano la qualità delle argomentazioni. Inoltre la prescrizione – che doveva essere una remora teorica per quei pm che trattano i fascicoli loro assegnati come se fossero proprietà privata – era pur sempre un deterrente alla lunghezza infinita dei processi. Almeno in teoria.



Oggi chi in perfetta malafede, a dispetto del cognome che suona come un ossimoro, ha voluto a tutti i costi piantare la “bandierina” dell’abolizione di questo istituto – che secondo Le Monde è assimilabile a quelli contenuti nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo – lo ha fatto ben consapevole del favore reso alla prepotenza giudiziaria di quei non pochi magistrati della pubblica accusa che la tirano alle lunghe coi processi e che da gennaio 2020 in avanti non avranno più nemmeno questo piccolo ostacolo teorico a contrastare la loro visione e gestione autoritaria, se non tirannica, dell’amministrazione della giustizia penale.