Non si placa l’ira dei presidi nei confronti del concorso del 2017, celebre in quanto partecipò anche l’ex ministra dell’istruzione Lucia Azzolina. Ad alzare la voce, come riferisce l’Adnkronos, sono stati in queste ore alcuni dirigenti scolastici che vinsero il concorso, ma che vennero trasferito al nord Italia, lontanissimi da casa, a differenza di quanto avevano richiesto e a differenza proprio dell’ex titolare del Miur, che ottenne l’incarico nella sua Sicilia: “ciliegina sulla torta – fa sapere Benedetto Lo Piccolo, dirigente presso l’Ic De Amicis, a Busto Arsizio, in Lombardia – rischiamo, con il prossimo concorso a graduatorie regionali in arrivo, di essere definitivamente penalizzati dal sistema e di non potere più tornare a casa, mentre la ministra Lucia Azzolina ha ricevuto l’incarico ‘sotto casa’, in Sicilia, nonostante fosse in coda alla graduatoria”.



E ancora: “Siamo i migliori e siamo stati mandati al nord senza alcun aiuto economico da parte dello Stato, che abbiamo sostenuto e servito con dedizione in questi anni di pandemia garantendo l’apertura delle scuole. Chiediamo semplicemente che la mobilità interregionale sia estesa dal 30% al 100% dei posti. O entreremo in sciopero della fame e della sete”.

RIVOLTA PRESIDI “CONTRO” L’AZZOLINA: “NON CI INTERESSA IL DESTINO DELL’EX MINISTRA”

Sui 1984 dirigenti che hanno vinto il concorso, 1000 sono stati assegnati a scuole lontane centinaia di chilometri dalle proprie famiglie: “Non ci interessa il destino della ex ministra – aggiungono – ma essendo trascorso un triennio dal nostro primo incarico, vorremmo tornare a casa, per ricongiungerci alle nostre famiglie”.

“Il fatto che la mobilità interregionale – ha proseguito il dirigente scolastico – sia limitata al 30% continua a far perpetrare lo scandalo di chi arriva ultimo in graduatoria ma prende il posto sotto casa – osserva il Dirigente – Fatto ancora più grave con il nuovo concorso in arrivo nel 2023, che prevede le graduatorie regionali e condanna chi è rimasto fuori la propria regione, ad esserlo a vita”. I presidi chiedono di essere ascoltati dal ministro Bianchi, ricordando come già un centinaio di vincitori del concorso abbia rinunciato all’incarico “non potendo sostenere i costi di trasferimento e una gestione familiare a distanza con immensi sacrifici conseguenti”.