Negli ultimi giorni dal Fondo monetario internazionale non sono arrivate buone notizie per l’Italia. Nel World Economic Outloook, infatti, la crescita del Pil nel 2025 è stata tagliata allo 0,7%, allo stesso livello previsto per quest’anno. Nel Fiscal Monitor, invece, si parla di una crescita costante del rapporto debito pubblico su Pil, che dal 137,3% del 2023 dovrebbe arrivare al 144,9% nel 2029. Per fortuna il Centro Studi di Confindustria ha portato un minimo di ottimismo mercoledì, rivedendo al rialzo le stime per quest’anno (+0,9% dal precedente +0,5%), poco lontano da quanto indicato dal Governo nel Def (+1%). Di fronte a questi dati Marco Fortis, direttore della Fondazione Edison e docente di Economia industriale all’Università Cattolica di Milano, evidenzia che «anche la Banca d’Italia ha chiarito che, corretta per le giornate lavorative, la sua stima dello 0,6% diventa dello 0,8% per il 2024, in linea con quella del Csc. Come sempre, il Fmi è di manica larga con i francesi, non solo sulle previsioni, ma anche nell’indicare la crescita del passato».



A che cosa si riferisce?

Al fatto che nelle tabelle del World Economic Outlook per il 2023 è indicata una crescita del Pil francese dello 0,9%, uguale alla nostra, quando in realtà è stata dello 0,7%, come ha già chiarito Eurostat. Non si capisce poi come la Francia riuscirà a crescere dell’1,4% l’anno prossimo come prevede il Fmi.



Cosa pensa invece della previsione del Fmi sul debito pubblico italiano che nel 2029 dovrebbe arrivare al 144,9%?

Non so come si possa arrivare a proiezioni così in là negli anni. In ogni caso credo contino di più i dati fino al 2023, che mostrano, sempre secondo il Fmi, come il debito/Pil della Francia rispetto al 2019 sia cresciuto del 13,2%, mentre quello della Germania del 4,7%, quello dell’Italia del 3,1%, quello del Giappone del 16%, quello del Canada del 16,9%, quello degli Stati Uniti del 14%, quello della Gran Bretagna del 15,4% e quello della Spagna del 9,3%. Tra i Paesi del G7 siamo, quindi, i più virtuosi, nonostante il Superbonus.



Il Superbonus farà sentire i suoi effetti anche nei prossimi anni…

Se guardiamo fino al 2025, oltre non mi azzarderei, a parte la Germania che continuerà a portare avanti la sua politica di risanamento dei conti nonostante la recessione, l’Italia riuscirà a far crescere il debito pubblico meno degli altri. Pensi che la Francia rispetto al 2019 lo vedrà aumentare di quasi 700 miliardi di euro, escludendo gli interessi, mentre l’Italia, con tutto il Superbonus, e sempre al netto degli interessi, lo vedrà crescere di 240 miliardi. Ci stiamo stracciando le vesti sul Superbonus, ma credo sia importante chiarire una cosa importante.

Quale?

Sono tra i principali critici del Superbonus, ma senza di esso il debito/Pil oggi sarebbe più alto del 137,3%. Dobbiamo immaginare la crescita come un’auto di Formula 1 che, causa pandemia, ha dovuto fermarsi ai box, mentre il debito pubblico è potuto rimanere in pista. Una volta terminato il pit stop o si riusciva a recuperare subito il terreno perso, magari superando il debito, o il rapporto debito/Pil si sarebbe impennato non lasciando possibilità di riduzione apprezzabile per molti anni. Pur con tutti gli sprechi che ha determinato, il Superbonus ha contribuito a spingere il Pil insieme ai consumi delle famiglie che si sono ripresi più che negli altri Paesi, al piano Industria 4.0 che ha continuato a funzionare fino a esaurimento delle risorse favorendo gli investimenti in macchinari e a un export che negli ultimi dieci anni è cresciuto di più tra i Paesi del G7. Non è, dunque, un caso che il rapporto debito/Pil italiano sia sceso dal 154,9% del 2020 al 137,3% del 2023.

Visto quello che ha appena detto, il Governo ha fatto bene o no a fermare definitivamente il Superbonus?

Ha fatto bene perché aveva ormai esaurito il suo scopo di politica keynesiana. Sono dell’idea che si potessero pensare già a monte delle limitazioni al Superbonus, come, per esempio, un tetto alle risorse per evitare troppi sprechi. Certo, ovviamente adesso non ci sono risorse per finanziare le promesse elettorali e questo è un problema di non poco conto per il Governo. Insieme a un contesto economico internazionale non proprio florido.

Rispetto a quello che ha detto sul diverso trattamento che il Fmi riserva alla Francia, il problema è che in Italia non siamo capaci di far vedere i problemi altrui che sono peggiori dei nostri o sono gli altri a essere particolarmente abili nel nasconderli?

I francesi sono abilissimi. Internamente hanno una bomba sociale latente e l’unico modo che hanno per evitare disordini è non toccare nulla e sovvenzionare a piene mani tutti i rivoli di sostegni esistenti. Ormai in Francia non si parla più di riforma delle pensioni come di altre riforme. Per questo mi chiedo come si possa pensare, come fa il Fmi, che il Pil francese possa crescere dell’1,4% l’anno prossimo. Detto questo, c’è anche un’incapacità italiana nel ribattere alle previsioni che vengono formulate sul nostro Paese, le prendiamo come oro colato senza nemmeno analizzarle bene: resta un nostro vizio nazionale.

(Lorenzo Torrisi)

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