Secondo l’Economic Outlook diffuso ieri dall’Ocse, il Pil dell’Italia nel 2024 farà segnare un +0,7%, invece che il +1,2% previsto dal Governo. Una crescita, quest’ultima, che, secondo l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, verrà raggiunta nel 2025 (+1,4% la stima della Nadef). A pesare sulla nostra economia sarà soprattutto la debolezza dei consumi e degli investimenti privati, mentre risulterà fondamentale l’implementazione degli investimenti pubblici e delle riforme strutturali previsti nel Pnrr. Secondo Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano, dal quadro delineato dall’Ocse emerge per il nostro Paese una «situazione borderline. Temo che il rischio vero sia quello di calcare troppo la mano sul rientro del deficit rispetto al Pil nei prossimi anni per raggiungere un avanzo primario che pure sarebbe positivo: è stato, infatti, per vent’anni, prima del Covid, un nostro punto di forza che nemmeno i Paesi cosiddetti frugali sono riusciti a eguagliare».
Si potrebbe stringere troppo la cinghia?
Temo di sì. La direzione è positiva, ma ci viene detto che è troppo poco per ridurre il debito pubblico su Pil. Il fatto è che con una crescita così lenta credo che non si possa fare di meglio. Leggiamo, infatti, che gli investimenti pubblici sono previsti in crescita, e questa è una buona notizia anche in ottica Pnrr, ma si paventa un crollo di quelli privati, che risentono del rallentamento generale dell’economia, testimoniato dal fatto che i consumi rimangono deboli.
Quanto questa situazione si può considerare una responsabilità della stretta monetaria della Bce?
Gli investimenti sono per loro natura molto sensibili alla dinamica del credito e dei tassi. In questo senso non è certo positivo che la Lagarde continui a dichiarare che occorre fare di tutto per arrivare al target inflazionistico del 2%: una stance di questo tipo, che influenza anche le aspettative delle imprese, non è foriera di buone notizie, anche prospettiche. Credo che una parte non trascurabile della dinamica obiettivamente insoddisfacente paventata dall’Ocse sia da attribuire alle aspettative che presumo non essere brillanti da parte del settore privato. E la responsabilità va attribuita ai segnali che vengono dalla Bce, l’ultimo dei quali sembra lasciar intravvedere la possibilità che vengano ridotti o interrotti prima del previsto i riacquisti di titoli di stato nell’ambito del Peep. Sembra che l’Eurotower intenda passare dal whatever it takes al ruolo di mero spettatore passivo nonostante un orizzonte prospettico sfavorevole.
Cosa pensa, invece, dell’appunto rivolto all’Italia la scorsa settimana dalla Commissione europea, secondo cui il Governo avrebbe dovuto utilizzare tutte le risorse derivanti dalla fine dei sostegni per le bollette energetiche per ridurre il deficit anziché per finanziare altre misure come il taglio del cuneo fiscale che dovrebbero servire anche a favorire i consumi?
Mi piacerebbe sapere qual è il sentiero che viene ritenuto praticabile da Bruxelles per una graduale e sostenibile riduzione del debito pubblico. Abbiamo bisogno che il risparmio delle famiglie e delle imprese si trasformi in investimenti, ma questo non può avvenire con un clima economico negativo. Anzi, c’è il rischio che non si riesca poi nemmeno a raggiungere il gettito fiscale che consentente di ridurre deficit e debito.
È come se permanesse la convinzione che il debito/Pil si diminuisce semplicemente tramite un taglio della spesa pubblica…
È come un perverso gioco dell’oca, perché sembra riemergere l’idea che se facciamo un po’ di austerità l’economia rifiorisce. Io sono però quasi spaventato dal sentire che, per limitare la spesa pubblica, non si rimpiazzano i medici o gli insegnanti che vanno in pensione. Così non si va da nessuna parte. Credo che il motto latino festina lente (affrettati lentamente) sia fondamentale in questa fase: riduciamo deficit e debito, ma facciamolo in modo oculato e attento, perché se per farlo obblighiamo le famiglie a pagarsi le cure mediche privatamente, piuttosto che altri servizi pubblici, non mi sembra che attuiamo una politica lungimirante.
Cosa si può fare per migliorare il quadro descritto dell’Ocse, che pure già incorpora l’implementazione del Pnrr? Come evitare che da una situazione che ha definito borderline si finisca in una crisi?
Diventa fondamentale fare gli investimenti giusti, tenendo conto in modo più oculato dei moltiplicatori a essi associati.
Quali sono gli investimenti con il moltiplicatore più alto?
Sicuramente quelli industriali. Ma anche quelli relativi alle infrastrutture. In questo campo sarebbe però importante dare priorità alla messa in sicurezza del territorio a rischio idrogeologico. Più in generale, nel Pnrr spero si riesca a far avanzare quegli investimenti che riusciranno nel breve termine a dare risultati in termini di reti efficienti.
Un’ultima cosa, Professore: l’Ocse parla di una tenuta dell’occupazione, nonostante il rallentamento dell’economia. Allo stesso tempo prevede che i consumi resteranno deboli. Questo significa che il potere d’acquisto dei lavoratori non recupererà abbastanza terreno nonostante gli interventi su cuneo fiscale e Irpef previsti nella manovra. Bisognerebbe, quindi, che nei rinnovi contrattuali ci fossero riconoscimenti importanti per i lavoratori, come si sta vedendo nel settore bancario?
Assolutamente sì. Anche perché le previsioni dell’Ocse parlano di un’inflazione sopra il 2% anche nel 2025. Il che lascia pensare che la Bce non taglierà tanto presto i tassi.
(Lorenzo Torrisi)
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