Secondo l’Interim Economic Outlook diffuso ieri dall’Ocse, l’economia mondiale dovrebbe crescere del 3,2% sia quest’anno che il prossimo. Per il Pil dell’Eurozona, invece, si prevede un +0,7% nel 2024 e un +1,3% nel 2025, con una buona performance della Spagna (+2,8% e +2,2%), un miglioramento per l’Italia (+0,8% e +1,1%) e la Francia (+1,1% e +1,2%) e una ripartenza della Germania (+0,1% e +1%). Secondo Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano, «dal report dell’Ocse emerge un quadro di sostanziale tenuta in aggregato della dinamica economica, con un tasso di inflazione previsto in diminuzione. All’interno di questo quadro globale vi sono delle differenze quasi rilevanti tra alcuni Paesi e aree, una situazione direi a macchia di leopardo».



Con l’Europa messa peggio di altri…

In Europa si prevede una crescita accettabile per quasi tutti i Paesi. Rimane la situazione critica, evidentemente è strutturale, della Germania, che quest’anno dovrebbe restare ferma e che, secondo l’Ocse, l’anno prossimo potrebbe iniziare a vedere la luce in fondo al tunnel, anche se al momento non vedo segnali in questa direzione. L’Italia è grosso modo in linea con la media dell’Eurozona.



Tra il 2024 e il 2025 si prevede un miglioramento per quasi tutti i Paesi dell’Eurozona. Non è una stima troppo ottimistica, considerando anche che si dovranno implementare le nuove regole del Patto di stabilità?

In parte il miglioramento sarà dovuto al proseguimento del processo di disinflazione, che auspicabilmente restituirà potere d’acquisto alle famiglie, in parte all’aumento delle esportazioni. Non credo sia un caso che, secondo l’Ocse, ad andare meglio degli altri saranno alcuni Paesi dell’area asiatica, l’India e l’Indonesia (rispettivamente +6,8% e +5,2% nel 2025) addirittura più della Cina (+4,5%). La dinamica del commercio mondiale non può che esserne “contagiata” positivamente con probabili benefici anche per l’economia europea, che si spera nel frattempo non venga frenata da eccessi di austerità.



Quindi, il rischio principale per l’economia europea è non riuscire a godere dei benefici della crescita di questi Paesi asiatici…

Esattamente. Sarei, tuttavia, abbastanza ottimista al riguardo. Discorso a parte forse va fatto per la Germania, visto che gran parte delle sue difficoltà derivano dal mercato dell’auto e non so quante ne possa esportare in più in questi Paesi asiatici. Stiamo assistendo a un riassetto dell’economia mondiale in cui l’area asiatica sta andando bene, mentre a caratterizzare l’Europa è una crescita lenta. Non dimenticherei gli Stati Uniti, per i quali si prevede una aumento del Pil pari all’1,6% nel 2025: non è molto, ma pur sempre più dell’Eurozona.

Dall’Ocse arriva anche l’invito a non sottovalutare una possibile fiammata dei prezzi. Anche l’Europa corre questo rischio?

Le proiezioni dell’Ocse parlano di una crescita lenta e moderata dei principali Paesi europei. Sembrerebbe quasi che l’Europa abbia trovato una sorta di stato stazionario. Se è così, è difficile che possano manifestarsi nuovi rischi inflattivi, anche se certamente è sempre il caso di monitorare l’andamento dei prezzi. Soprattutto perché il potere d’acquisto delle famiglie, specie in Italia, continua a essere un po’ anemico.

L’Ocse stima anche che entro la fine del prossimo anno vi sarà una riduzione dei tassi di interesse pari all’1,5% negli Stati Uniti e dell’1,25% nell’Eurozona. Il che vuol dire che la Bce al termine del 2025 avrà portato i tassi al 2,5%. Sarebbe un buon livello?

Sì. Non dobbiamo tra l’altro dimenticare che il taglio dei tassi operato la scorsa settimana dalla Fed, la cui entità ha sorpreso gran parte dei commentatori, obbligherà di fatto la Bce a operare una nuova riduzione dei tassi a breve.

(Lorenzo Torrisi)

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