L’Economic Outlook dell’Ocse prevede una crescita a livello globale del 2,7% quest’anno e del 2,9% nel 2024. La situazione non sembra essere particolarmente favorevole per gli Stati Uniti (+1,6% quest’anno e +1% il prossimo), mentre l’Eurozona, dopo la “frenata” al +0,9% nel 2023, rispetto al +3,5% del 2022, dovrebbe ripartire nel 2024 con un +1,5%. Quanto all’Italia, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico prevede una crescita del +1,2% quest’anno e del +1% nel 2024.



Abbiamo chiesto un commento a Domenico Lombardi, economista ed ex consigliere del Fondo monetario internazionale, ora Direttore del Policy Observatory della Luiss, che per prima cosa evidenzia una considerazione chiave sul quadro generale: «L’Ocse segnala che quegli elementi che hanno determinato uno squilibrio nelle dinamiche della crescita mondiale – come gli alti prezzi dell’energia, che hanno a loro volta determinato una dinamica inflazionistica sostenuta, i colli di bottiglia nelle catene di approvvigionamento, la chiusura della Cina rispetto all’economia mondiale – si vanno gradualmente ricomponendo. E infatti si prevede una crescita dell’economia mondiale del 2,7% nel 2023 e del 2,9% nel 2024».



Una buona notizia.

Sì, anche se l’Ocse non nasconde che gli squilibri di cui abbiamo appena parlato non sono totalmente scomparsi (pensiamo alla guerra in Ucraina) e le prospettive rimangono ancora incerte. Mi spiego meglio: osserviamo che l’inflazione headline va gradualmente diminuendo in tutto il mondo, tuttavia quella core rimane persistente, quindi il potere d’acquisto delle famiglie continua a essere eroso e ciò incide negativamente sulla domanda aggregata. Recentemente c’è stato anche un fenomeno di turbolenza bancaria che, partito dagli Stati Uniti, si è irradiato in altre aree geografiche. E non va dimenticato che dal momento che le economie di tutto il mondo hanno convissuto per tanto tempo con bassissimi tassi di interesse, è difficile oggi prevedere con ragionevole accuratezza come reagiranno all’impatto degli attuali alti tassi di interesse, cresciuti a una velocità sostenuta per contrastare l’inflazione.



C’è un dato particolarmente significativo a livello globale?

È interessante notare che la Cina, nonostante la riapertura, rimane comunque segnata dallo shock del Covid e da altri squilibri di natura interna. Benché venga prevista in crescita quest’anno del 5,4%, risulta essere superata dall’India (+6%), che l’anno prossimo dovrebbe crescere addirittura del 7%. Il Paese guidato da Modi sembra possa diventare il nuovo motore dell’economia mondiale.

Cosa emerge, invece, rispetto agli Stati Uniti e all’Eurozona?

Gli Stati Uniti rallentano, in particolare il prossimo anno si prevede una crescita solamente dell’1%, dovuta probabilmente all’impatto delle politiche monetarie restrittive e all’inasprimento del mercato del credito. L’Eurozona crescerà, invece, dell’1,5% nel 2024: è un dato discreto se teniamo conto che lo 0,9% stimato per quest’anno sconta una recessione nell’economia più grande dell’Eurozona, quella tedesca.

Riguardo l’Italia, cosa dice l’Ocse?

Le previsioni sull’Italia dell’Ocse sono allineate rispetto a quelle dell’Istat diffuse martedì. La dinamica del Pil rimane più che soddisfacente rispetto alle medie storiche del nostro Paese. Oltretutto viene confermata la valutazione per cui la nostra crescita tende a essere più sostenuta rispetto a quella di altri Paesi dell’Eurozona come la Germania, almeno nell’anno in corso. Quel che è più importante, però, visto che proviene da un’istituzione multilaterale come l’Ocse, è un giudizio positivo sulle politiche macroeconomiche, ritenute in grado di ottimizzare il trade-off tra la necessità di sostenere la crescita e quella di perseguire la stabilità. Ne deriva implicitamente un apprezzamento per la stance di politica macroeconomica e fiscale del Governo.

Sicuramente una buona notizia per l’Esecutivo.

Sì, soprattutto perché rispetto a quanti solo poche settimane fa si auguravano che Moody’s potesse declassare il rating italiano lo scorso maggio, mettendo in circolo notizie false e infondate, l’Ocse fornisce una valutazione diametralmente opposta. Non va però dimenticato l’alert dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico riguardo il fatto che lo scorso anno è stata spesa solo una parte dei fondi complessivamente stanziati nell’ambito del Pnrr e che per rispettare le stime formulate è fondamentale continuare nel percorso intrapreso delle riforme e scaricare a terra i progetti previsti dal Piano, cosicché possano contribuire anche a un aumento della crescita potenziale.

Rispetto alla politica monetaria che indicazioni ci sono, in particolare per l’Eurozona?

Come sappiamo, i tassi di interesse sono stati aumentati a una velocità particolarmente sostenuta, tuttavia si tratta anche di lasciare che il livello più alto dei tassi possa pienamente esercitare il suo effetto nell’economia. L’Ocse evidenzia che il costo del credito è aumentato, quindi questo impatto restrittivo comincia già a esserci e far sentire i suoi effetti nell’Eurozona. Penso che la prossima settimana, nel corso della riunione del Consiglio direttivo della Bce, si parlerà non solo dell’entità dell’eventuale rialzo dei tassi, ma anche della durata del periodo in cui questi alti tassi permangono ed esercitano i loro effetti sull’economia.

Cosa potrebbe fare il Governo italiano per cercare di contenere gli effetti del rialzo dei tassi sull’attività economica e per cercare di far tenere i consumi che, secondo l’Istat, saranno il motore principale del la crescita quest’anno e il prossimo?

La modalità più semplice, e a mio avviso più efficace, per contrastare l’inasprimento delle condizioni del mercato del credito è quella di privilegiare gli investimenti pubblici, il cui costo di capitale è particolarmente contenuto. Occorre, inoltre, far sì che si riducano i costi espliciti e impliciti che le imprese devono sostenere nello svolgimento delle loro attività tramite semplificazioni e diminuzione degli oneri burocratici, sulla base di una saggia revisione della regolamentazione e un’intensificazione della concorrenza. In molti casi tali riforme sono a costo fiscale zero, ma possono ugualmente determinare un ulteriore slancio dell’economia. L’Italia sta attraversando una fase congiunturale molto favorevole, soprattutto se si considera la media storica del suo tasso di crescita e i numerosi e particolarmente intensi shock avversi che l’economia ha subito negli ultimi anni. Credo sia importante utilizzare questa finestra di opportunità per costruire i pilastri per un rilancio sostenibile della crescita nei prossimi anni.

(Lorenzo Torrisi)

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