La campagna vaccinale acquista sempre più importanza per la ripresa dell’economia mondiale. Lo certifica l’Interim economic outlook dell’Ocse diffuso ieri (giorno in cui tra l’altro Johnson&Johnson ha fatto sapere che non può garantire il rispetto del contratto stipulato con l’Ue), evidenziando come la velocità con cui si procederà all’inoculazione delle dosi sarà fondamentale per la ripartenza del Pil. Non è un caso, quindi, che l’Eurozona (+3,9% nel 2021 e +3,8% nel 2022) faccia peggio di Cina (+7,8% e +4,9%) e Stati Uniti (+6,5% e +4%), anche in virtù del piano di stimolo da 1.900 miliardi di dollari che Washington mette sul piatto.



Una cifra di fronte alla quale lo stanziamento del Recovery fund europeo, circa 670 miliardi di euro, «impallidisce», come dice Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università di Cattolica di Milano. Per l’Italia, l’organizzazione con sede a Parigi prevede una crescita del Pil del 4,1% per quest’anno e del 4% per il prossimo, contro il +4,3% e il +3,2% stimato tre mesi fa.



Professore, cosa pensa in generale di quanto emerso dall’Interim economic outlook?

Mi sembra che diventi sempre più evidente che non c’è un trade-off tra salute ed economia. Occorre quindi accelerare i tempi delle vaccinazioni evitando di portare avanti una politica di continue restrizioni e successivi allentamenti che alla fine non paga. Nell’upside scenario, ovvero quello più ottimistico rispetto a quello base, l’Ocse prevede addirittura di raggiungere nel 2022 sostanzialmente il trend di crescita che aveva ipotizzato a novembre del 2019. Mi sembra difficile che ciò avvenga, quindi lo scenario base è quello che appare più ragionevole.



Dalle previsioni emerge anche una distanza importante tra Europa e Stati Uniti…

Un gap importante che dipende essenzialmente da due fattori. Il primo è relativo ai vaccini e devo dire di essere rimasto piuttosto sorpreso da come Bruxelles si è fatta cogliere in contropiede su questo fronte. Il secondo fattore ha a che fare con gli stimoli fiscali messi in campo per fronteggiare la crisi. In Europa certamente non mancano, ma impallidiscono di fronte a quelli di Washington. A questo punto c’è da augurarsi che la ripresa americana sia più rapida, così da poter sperare di andare a traino. Può anche esserci d’aiuto il fatto che gli Stati Uniti, se vogliono contenere l’espansione della Cina, dovranno guardare sempre più all’Europa.

Di fatto emergono i limiti del Recovery fund, non solo per quanto concerne la quantità di risorse stanziante, ma anche sulla scansione temporale.

Il Recovery fund è stato un importante passo in avanti, solamente due anni fa un’iniziativa del genere sarebbe stata impensabile in Europa. Tuttavia, rischia di essere insufficiente e tardivo, visto che si sta cominciando a parlare di prime risorse in arrivo alla fine dell’estate. Nonostante la rivoluzionaria novità, dunque, l’Europa sconta un’inerzia temporale, derivante probabilmente dalla necessità di trovare un accordo politico tra tutti i Paesi membri. Purtroppo questo tipo di ritardo l’abbiamo già visto in occasione delle precedenti crisi, ma non sono stati fatti sufficienti progressi per eliminarlo.

Oltre alla politica fiscale sarà importante anche quella monetaria che le Banche centrali metteranno in campo nei prossimi mesi. Crede che il rischio di un innalzamento dell’inflazione possa portare a un rialzo dei tassi?

Non vedo segnali allarmanti riguardo l’inflazione. Certo, c’è stato un rialzo delle quotazioni delle materie prime, ma si tratta principalmente di movimenti legati alla speculazione finanziaria. Quello che conta oggi è invece l’andamento dell’economia reale e se ora si intervenisse per frenare l’inflazione si finirebbe inevitabilmente per soffocare la ripresa. L’imperativo in questo momento è dare fiato all’economia reale.

Cosa pensa invece delle previsioni relative all’Italia? L’Ocse ritiene che ci sarà una spinta importante nel secondo semestre dell’anno per merito dell’accelerazione sulle vaccinazioni.

Non dobbiamo correre il rischio di caricare di troppe aspettative sulla crescita il secondo semestre dell’anno. Occorre quindi fare presto sul piano vaccinale, persino meglio rispetto alle scadenze ambiziose che sono già state dichiarate negli ultimi giorni. Questo anche per fare in modo che possa esserci una buona stagione turistica estiva con arrivi anche dall’estero. Diversamente i turisti stranieri, che presto cominceranno a pianificare le loro vacanze, potrebbero decidere di andare in altri Paesi che sono più avanti di noi sui vaccini, come la Grecia. La stagione turistica potrebbe avere un effetto moltiplicatore veramente positivo per il Pil e non dobbiamo sprecare questa occasione.

(Lorenzo Torrisi)

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