Mentre Eurostat ha confermato la stima iniziale sulla crescita del Pil del primo trimestre dell’anno (+0,3% sia nell’Ue che nell’Eurozona), la Commissione europea ieri ha diffuso le previsioni economiche di primavera, riviste lievemente al rialzo (+0,8% per l’Eurozona e +1% per l’Ue quest’anno) rispetto a tre mesi fa, anche per quel che concerne il nostro Paese (da +0,7% a +0,9%). Il commissario agli Affari economici, Paolo Gentiloni, ha spiegato che gli investimenti continuano a supportare l’attività economica in Italia e che le esportazioni contribuiscono alla crescita. Domenico Lombardi, economista, direttore del Policy Observatory della Luiss ed ex consigliere del Fondo monetario internazionale, ricorda che «solo pochi giorni fa l’Ocse aveva stimato la crescita dell’Italia per l’anno in corso allo 0,7%. Dunque la previsione della Commissione è un segnale di fiducia che in qualche modo riconosce il quadro interno di stabilità di cui, oggi, il Paese beneficia. Tuttavia, non bisogna allentare la tensione sulla base di questi risultati, di per sé buoni, e consolidare, invece, le fondamenta per la crescita di medio e lungo periodo, laddove il lavoro da fare rimane considerevole alla luce dell’eredità trasferita all’Esecutivo attualmente in carica».
Per il 2025, invece, la stima di crescita dell’Italia è stata lievemente ribassata (da +1,2% a +1,1%) e si punta molto sulla ripresa dei consumi. Potranno effettivamente ripartire?
La Commissione europea, a mio avviso correttamente, individua l’elemento di traino della crescita nella ripresa dei consumi, sospinti dall’aumento del potere di acquisto derivante dagli adeguamenti salariali e dalla disinflazione. Quest’ultima appare, nel complesso, confermata dai dati disponibili per effetto delle restrizioni monetarie somministrate dalla Bce. Mentre l’economia italiana sta mostrando una straordinaria resilienza, la Germania– dopo la recessione protratta dello scorso anno – attraversa, ora, un periodo di stagnazione dalla durata incerta.
Gli Usa hanno aumentato i dazi nei confronti di prodotti cinesi, non è escluso che l’Ue possa fare altrettanto. Questo clima di protezionismo e guerra commerciale potrebbe influire sulla crescita dell’Ue e dell’Italia?
Ritengo difficile che Germania e Francia possano sostenere una misura analoga nell’Ue – basti vedere il tappeto rosso che il Presidente Macron ha riservato al suo omologo cinese in visita a Parigi pochi giorni fa. Anzi, la mia preoccupazione è opposta: se i cinesi non vendono auto elettriche agli americani, a chi le proporranno? Probabilmente a noi, facendo leva sulla retorica distorsiva e fuorviante della transizione ecologica presente in Europa. Si tratta, invece, di puro mercantilismo che si intreccia con politiche industriali che stanno accrescendo la nostra dipendenza dalla Cina oltre ogni misura.
La Bce si appresta ad abbassare i tassi di interesse: questo potrebbe anche aiutarci sul fronte dell’export, ma potrebbe altresì esporci a prezzi delle materie prime, in particolare energetiche, più alti, con quel che ne può conseguire per l’inflazione?
Come ha notato il Commissario Gentiloni nel suo intervento di ieri, i mercati si aspettano che l’avvio del ciclo di riduzione dei tassi sia imminente. Tuttavia, a seguito dell’asincronia con la politica monetaria della Fed che ha rinviato il taglio, la diminuzione dei tassi di intervento nell’Eurozona dovrebbe determinare un deprezzamento dell’euro che avrebbe, da noi, l’effetto di aumentare i prezzi in euro delle materie prime tipicamente denominati in dollari e, negli Stati Uniti, accendere un faro più generale sulle politiche europee, a partire dalla postura verso la Cina, nel mezzo delle elezioni presidenziali.
In generale e sinteticamente quali pensa possano essere i rischi e quali invece le possibili sorprese positive per l’economia italiana in questo 2024?
Il sentiero crescente nel rapporto debito/Pil è da monitorare. Proprio per questo, occorre privilegiare le politiche di crescita per garantire la sostenibilità nel medio e lungo termine di questa importante variabile. La dinamica di crescita di quest’anno e del prossimo non può essere data per scontata negli anni a venire, anzi è necessario fare ancora meglio per poter stabilizzare il debito senza eccessivi avanzi primari.
Sempre a proposito di conti pubblici, Gentiloni a inizio settimana ha spiegato che potrebbe essere la prossima Commissione a decidere sull’avanzamento della procedura d’infrazione per deficit eccessivo che verrà aperta il 19 giugno nei confronti dell’Italia. Questo potrebbe essere positivo? Potrebbe cambiare qualcosa ai fini della politica fiscale italiana in vista della Legge di bilancio?
Credo che dipenderà dai tempi con cui i Paesi dell’Ue raggiungeranno un accordo sulla nuova Commissione. Per quella uscente, c’è poco appetito ad accendere il faro su quasi la metà dei Paesi Ue per poi concludere poco o nulla, se non mostrare all’opinione pubblica le tensioni interne al nuovo Patto di stabilità, peraltro appena approvato dopo anni di negoziati.
Nei giorni scorsi si è assistito a un braccio di ferro nella maggioranza sul Superbonus. Pensa che il fatto che abbia prevalso alla fine la linea del Mef possa giovare nei rapporti con Bruxelles sempre ai fini della politica di bilancio da concordare?
Il fatto che abbia prevalso la linea Giorgetti parte dalla consapevolezza che la gestione degli effetti del Superbonus è, in questo momento, la variabile principale che i mercati stanno analizzando per decidere se rinnovare la fiducia all’attuale Esecutivo – fiducia che non può mai essere data per scontata anche con spread storicamente su valori molto bassi. Giorgetti lo ha compreso bene con il sostegno, suppongo, del presidente del Consiglio che non è intenzionato a sacrificare la stabilità del Paese e del suo Governo per una mancia in più.
(Lorenzo Torrisi)
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