Ci sono segnali incoraggianti e l’annunciato disastro energetico di quest’inverno non c’è stato, ma l’uscita definitiva dalla tempesta energetica non è scontata. Oggettivamente non si è verificato lo spettro dell’Europa congelata ricattata dal gas di Putin. Anzi, complice un inverno insolitamente mite e grazie alla reattività degli Stati nel sostituire il metano che viaggiava nei gasdotti dalla Russia con maggiori importazioni di gas liquefatto da Paesi terzi, siamo arrivati in primavera con gli stoccaggi pieni oltre la metà. Anche se, a onore del vero, l’Europa non ha mai davvero fatto completamente a meno delle forniture di gas russo: ancora oggi le importazioni da Gazprom pesano per il 14% di quelle totali.



In controtendenza con quanto registrato l’anno scorso, il 2023 si apre all’insegna di prezzi elettrici in progressivo calo e tornati ai livelli dell’estate 2021. Il prezzo all’ingrosso dell’energia elettrica in Italia, su base trimestrale, chiude a 157,2 €/MWh, il 35% in meno rispetto all’ultimo trimestre 2022. Il calo riflette principalmente la netta diminuzione del gas, la materia prima che alimenta la maggioranza delle centrali elettriche, scesa decisamente sotto i 60 €/MWh. Una media che non si registrava dal terzo trimestre 2021. Tuttavia, siamo pur sempre a due o tre volte il prezzo medio pre-crisi e cinque volte quello che pagano Usa e Cina per megawattora.



Comunque, meglio non illudersi che la situazione sia stabilizzata. La guerra in Ucraina, le strozzature negli approvvigionamenti per effetto di una globalizzazione poco regolamentata, l’aumento della competizione sul mercato del Gnl per l’inattesa forza della ripresa cinese, il parco nucleare francese in affanno, la siccità e la stagionalità del vento, ci sono diverse variabili a minacciare ancora le bollette che non torneranno ai livelli pre-crisi. Lo prevede anche l’Autorità per l’Energia.

Sono stime che riflettono le aspettativa degli operatori, e vengono espresse nell’andamento del prezzo futures, ovvero il prezzo del MWh con un periodo di consegna a tre, sei mesi, un anno. Si profilano rincari secondo Stefano Besseghini presidente di Arera, del 10% per il terzo trimestre quando i condizionatori torneranno a essere accesi H24, e del 25% nel quarto trimestre con il riempimento degli stoccaggi e i riscaldamenti.



Il caro-bolletta ha assorbito circa 20 miliardi a trimestre nel 2022. Con il ridimensionamento dei prezzi dell’energia, il Governo ha ora un margine di azione per allentare i conti pubblici dal peso degli aiuti e sostegni sulle bollette, i quali nei primi tre mesi del 2023 hanno assorbito 5 miliardi di euro. Del resto nel Documento di economia e finanza approvato lo scorso 11 aprile dal Consiglio dei ministri, e nel quale sono indicati gli obiettivi da conseguire per accelerare la riduzione del debito pubblico, viene specificato che se i prezzi dell’energia rimanessero stabili al livello attuale o continuassero a calare, le misure di sostegno dovrebbero essere completamente eliminate nel 2024. Nel caso di rialzi, gli sconti e i bonus su energia e carburanti finora applicati andrebbero comunque riformati, introducendo misure mirate a proteggere le fasce più deboli seguendo però l’obiettivo di ridurne il peso sul bilancio pubblico e incentivare il risparmio energetico.

Quest’ultimo perde infatti, attrattiva agli occhi dei consumatori quando il segnale di prezzo viene distorto da sussidi, peraltro, ambientalmente dannosi visto che si tratta di un sostegno a energie fossili. Sono esclusi da interventi di rimodulazioni i bonus energia per le famiglie bisognose.

Un altro conto è proteggere il potere di acquisto delle famiglie messo a dura prova dall’aumento dei prezzi delle materie prime e dall’inflazione. Come si fa notare, i prezzi al dettaglio che si sono allineati incamerando l’aumento di entrambe le variabili risultano ora impermeabili al rallentamento dell’inflazione e alla discesa del prezzo dell’energia. Forse è eccessivo parlare di extraprofitti incamerati da alcune categorie (agroalimentare e grande distribuzione), ma certamente sarebbe auspicabile che il Governo applicasse la stessa vigilanza che, a suo tempo, annunciò sulla rete dei benzinai.

Infine, tra le misure per il contenimento del caro cibo, si attendono ancora i decreti attuativi delle due misure per alleggerire il carrello della spesa alimentare introdotte con la Legge di bilancio. La Carta risparmio spesa destinata a famiglie con Isee fino a 15mila euro per l’acquisto di generi di prima necessità, con un fondo di dotazione di 500 milioni; e il reddito alimentare con dotazione di 1,5 milioni di euro per quest’anno, portati a 2 milioni nel 2024, per l’erogazione di pacchi alimentari ai soggetti più bisognosi. Purtroppo i tempi ministeriali non rispecchiano l’urgenza del bisogno.

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