Continua a salire il prezzo della benzina e gasolio alla pompa oltre i picchi dell’anno scorso. Secondo quanto viene riportato da “Prezzi Italia“, la periodica rassegna dei prezzi medi mensili dei carburanti e combustibili elaborata dall’ufficio di statistiche energetiche del ministero della Transizione, a gennaio 2022 la benzina si attesta a 1.764,74 euro al litro e il gasolio auto a 1.632,10 euro al litro. Sui mercati internazionali le quotazioni del petrolio hanno registrato una settimana di forte volatilità. Raddoppiati rispetto all’andamento dei prezzi del 2020, i prezzi del petrolio hanno superato la quota 90 dollari a barile. Erano sette anni che non accadeva. E le previsioni degli operatori continuano essere al rialzo come indicano le quotazioni dei futures di aprile per il petrolio Brent che viaggia sui 96 dollari a barile.
Eppure, durante la settimana scorsa si sono viste flessioni quanto rapidi recuperi che hanno dato qualche credibilità allo scenario tracciato da Citigroup. Per il 2021 si prevede un assestamento a 65 dollari a barile in netta controtendenza con la maggioranza degli analisti che invece pronosticano che entro l’anno verrà toccata la soglia simbolica dei 100 dollari a barile. Il capo analista delle commodities del gruppo bancario ritiene che le strozzature di approvvigionamento siano temporanee e potrebbero essere risolte nel giro del secondo trimestre dell’anno.
Certo è difficile pensare a un prossimo rapido assestamento tra domanda e offerta quando l’Agenzia internazionale per l’energia conferma le sue aspettative sulla ripartenza della domanda per effetto della ripresa dell’attività economica. Un pronostico che, inoltre, pone interrogativi sul processo di decarbonizzazione globale.
A spingere la domanda di petrolio è anche il fattore inflazione e le ipotesi di stretta monetaria da parte delle autorità. Inflazione in rialzo in Europa al 3,5% nel primo mese dell’anno, mentre negli Usa batte tutti i record degli ultimi quarant’anni: i prezzi al consumo in gennaio sono saliti del 7,5% sbaragliando le previsioni.
In questo contesto inflazionistico in cui si profila all’orizzonte l’aumento dei tassi d’interesse, per proteggersi dalla perdita del valore monetario gli investitori tendono a orientarsi verso le materie prime incluso il petrolio. Come merce fisica, le materie prime energetiche, come il petrolio, e non energetiche, come l’oro, tendono a mantenere meglio il loro valore reale intrinseco.
Diverse ombre si allungano sul lato offerta. È rimasta disattesa la promessa del gruppo di produttori riuniti sotto l’Opec+ di aumentare la produzione di 400mila barili al giorno a partire dalle seconda metà del 2021. Tra le cause anche l’instabilità e i disordini interni di Paesi produttori limitano le esportazioni. È il caso della Libia e del Venezuela. Persino Iran e Russia, gli unici Paesi produttori che sono riusciti ad aumentare la produzione, sono comunque rimasti sotto l’obiettivo che si erano prefissati. Mentre a raffreddare la spinta rialzista sono intervenute le notizie trapelate sugli sviluppi della trattativa con l’Iran del suo programma nucleare che potrebbero sbloccare l’export di petrolio.
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