Lo sconto sulla benzina andava tolto e non c’è da sperare di ridurre il prezzo del carburante: possiamo solo auspicare che non aumenti. Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, non si fa illusioni: il debito pubblico è troppo alto, non ci possiamo permettere di rinunciare alle accise. E nel futuro immediato sarà già qualcosa se alle pompe di benzina non spenderemo più di adesso.



Tolto lo sconto introdotto da Draghi gli italiani si sono trovati a spendere di più per la benzina. Ma agli introiti delle accise non si può rinunciare?

È giusto togliere lo sconto sulle accise. Ci costa circa un miliardo al mese mentre lo Stato sta cercando attraverso il Governo di andare incontro alle imprese in difficoltà sulle bollette del gas e dell’elettricità. Il prezzo della benzina verde adesso è a 1,81 euro, certo era meglio quando era 1,60, ma non è una tragedia. Era arrivato anche a 2,2. La rinuncia allo sconto era un atto dovuto. Dispiace vedere tutta questa polemica politica tra destra e sinistra, Governo e opposizione. Si tratta di una polemica molto sterile. In ogni caso questo intervento andava fatto.



Eppure in altri Paesi la benzina si paga molto meno.

Sono il primo che ricorda che l’economia più importante al mondo, quella degli Stati Uniti, non paga tasse o paga 10 centesimi e il prezzo della benzina è di 80 centesimi. Nel resto del mondo ci sono nazioni dove i prezzi sono molto più bassi dei nostri. Abbiamo il triste primato di avere uno dei prezzi più alti in Europa e tra i grandi Paesi in assoluto quello più alto, ma questo è dovuto al fatto che noi ricaviamo molte delle risorse finanziarie a cui attinge il Governo dalla benzina, perché è facile, non c’è evasione, la domanda è rigida. Pertanto, è stato giusto togliere lo sconto. Il Governo ha fatto bene.



Ma se lei fosse presidente del Consiglio oppure il ministro che si deve occupare di questa partita saprebbe indicare un modo per tagliare il prezzo della benzina oppure ce lo dobbiamo tenere così com’è?

No, ce lo dobbiamo tenere così com’è e sperare che continui questa manna caduta dal cielo del prezzo basso del petrolio: è stato molto alto quando è scoppiata la guerra e il conflitto è ancora in corso, c’è un embargo che applichiamo alla Russia dal 5 dicembre e dal 5 febbraio ci sarà un altro embargo sui prodotti raffinati, per fortuna la domanda cinese ha rallentato, c’è più offerta da parte dell’Opec e gli americani hanno aperto le scorte strategiche, ma ho paura che il problema sia rimandato solo di qualche settimana, forse di qualche mese. Anzi, il problema non è come ridurre il prezzo, ma come evitare gli aumenti.

Quindi alla riduzione del prezzo non ci dobbiamo neanche pensare.

No, non ci possiamo neanche pensare. Del resto, questo è un Paese che ha 2.700 miliardi di euro di debito. Ogni anno dalle accise sugli oli minerali, soprattutto benzina e gasolio, arrivano 40 miliardi euro. Farne a meno è impossibile. Come si fa a parlare di riduzione delle tasse quando spendiamo di più? Si tratta di aumentare sempre il debito ma bisogna dirlo, come quando durante la pandemia abbiamo detto: “aumentiamo il debito per far fronte all’emergenza”. Ogni volta che facciamo debito o lo aumentiamo va detto.

Sostanzialmente per diminuire il prezzo della benzina occorre diminuire il debito pubblico.

Potremo ridurre le tasse sulla benzina se troveremo altre tasse o ridurremo il debito pubblico oppure quando cominceremo ad avere maggiori entrate, cioè se il Pil del Paese fosse in crescita. Il Pil adesso sta un po’ arrancando: c’è stata la droga del 110%, il rimbalzo del 2020, l’effetto turismo, va bene, ma l’anno prossimo? Questo è un Paese che non cresce dal 2008 in maniera strutturale e ha il debito che aumenta. E qui tutti, destra e sinistra, vengono a fare polemiche sulle tasse. È un Paese povero anche di cultura economica, industriale e di senso di responsabilità civica.

(Paolo Rossetti)

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