Il prezzo del gas europeo è ai massimi degli ultimi diciotto mesi e lo stesso vale per i prezzi dell’elettricità italiani. Il rialzo è iniziato prima che si diffondesse la notizia del blocco delle consegne di gas all’Austria da parte della Russia. Nelle ultime settimane, infatti, è crollata la produzione eolica tedesca; l’assenza di vento ha lasciato tutta la capacità installata inutilizzata e la Germania ha dovuto non solo bruciare più gas, ma ricorrere massicciamente al carbone. La bassa ventosità ha riguardato anche l’Italia. Negli stessi giorni le previsioni meteo hanno fatto intravedere la possibilità di un inverno più freddo della media e quindi con più consumi di gas; questo è il quadro dei prossimi giorni sia nell’Europa centrale che nel nord Italia.
È presto per tirare conclusioni sulle temperature della stagione invernale e le previsioni, anche quelle utilizzate dagli investitori che operano sui mercati del gas, perdono significatività man mano che si estende l’orizzonte temporale. Le ultime due stagioni invernali, 2022/2023 e 2023/2024, sono state miti e il confronto potrebbe essere particolarmente sfavorevole se si materializzasse un inverno più freddo della media. Nessuno, ovviamente, lo può prevedere, ma i mercati intanto registrano il crollo della produzione rinnovabile e prelievi di gas dagli stoccaggi più rapidi di quello che si assumeva. I prelievi di gas in questi giorni sono a livelli simili a quelli di gennaio, un mese normalmente molto più freddo di novembre. L’anno scorso, invece, proprio in questi giorni, iniziava un percorso che portava il prezzo del gas a febbraio ai minimi dell’anno.
Tutta l’industria europea, in particolare quella tedesca e quella italiana, è costretta a sperare che le temperature si alzino altrimenti i prezzi salgono e la competitività, già risicata, scompare. In questi giorni, intanto, si moltiplica l’evidenza di un ripensamento profondo della transizione energetica. Il Cancelliere tedesco in pectore Merz, in un’intervista televisiva, ha spiegato agli elettori che l’eolico è “una brutta tecnologia di transizione” e che “possiamo smantellare le turbine”. La prima potenza industriale europea viene “mollata” da 65 giga di capacità installata eolica alla vigilia dell’inverno. All’inizio di ottobre, durante la presentazione del piano industriale, la francese Total spiegava agli investitori che “un elettrone intermittente non ha valore” e che deve “essere completato con la generazione flessibile”; per generazione “flessibile” si intende qualsiasi cosa che possa essere programmata, nucleare o gas che sia. Non è solo l’America di Trump a mettere in discussione la transizione così com’è stata raccontata negli ultimi anni.
I problemi che emergono in questi giorni, con i rialzi dei prezzi del gas e dell’elettricità, sono concretissimi, ma le soluzioni che vengono proposte non li affrontano. Il nucleare non è una soluzione se non tra vent’anni, il modello basato sulle sole rinnovabili non tiene, i sistemi di accumulo richiederebbero investimenti impossibili, l’idrogeno verde o l’ammoniaca non sono economicamente sostenibili in Europa. Si apre una fase in cui l’Europa non ha soluzioni che includano la sopravvivenza della sua industria e la conservazione degli stili di vita degli europei all’interno dei limiti che si è autoimposta. Quello che si sta vedendo in queste settimane può essere accettato come “new normal” solo a patto di accettare la fine dell’industria tedesca e italiana. Nel breve serve subito più gas, soprattutto se nazionale, più idroelettrico con i pompaggi, più solare, forse, a patto di accettarne i limiti; questo mentre si lavora sul nucleare. Altrimenti il quadro è quello di questi giorni in cui l’Europa spera che anche questo sia un inverno da riscaldamento globale.
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