Il prezzo del gas europeo ieri è sceso di circa il 10% (l’indice forward a un mese), il giorno precedente l’andamento era stato opposto; nelle ultime settimane la costante è stata la volatilità, con i prezzi in picchiata o in salita, anche in doppia cifra, a seconda dei giorni. Le ragioni hanno spaziato da problemi nei giacimenti olandesi piuttosto che, come negli ultimi giorni, nel mercato australiano. Attualmente i consumi sono bassi perché la stagione invernale non è ancora iniziata e gli stoccaggi, che in caso di problemi seri di offerta darebbero un margine di qualche settimana al massimo, sono elevati. I prezzi del gas, nel frattempo – prendiamo a riferimento quelli a “sei mesi” –, sono a un quarto rispetto ai livelli raggiunti 12 mesi fa, ma quasi tripli rispetto ai valori medi che si registravano prima che le tensioni tra Russia e Ucraina e poi le sanzioni facessero esplodere i mercati energetici europei.
La volatilità è diventata “strutturale” e riflette, anche dopo 12 mesi di cali, la fragilità delle forniture di gas europee, che poggiano in parte sui mercati internazionali del gas liquefatto, soggette tra l’altro alla competizione internazionale, e dall’altro su Paesi che offrono meno stabilità di quanto facesse la Russia. Nelle ultime settimane l’Egitto, un fornitore europeo e italiano in particolare, ha visto una crisi energetica che si è tradotta anche in blackout: il gas locale viene diretto verso i redditizi mercati europei mentre gli egiziani non riescono ad accendere i condizionatori. È una situazione fragile e politicamente complicata. Sempre più spesso i Paesi produttori africani destinano parte delle produzioni al mercato locale, sia come fonte di produzione elettrica che per sviluppare l’industria petrolchimica o dei fertilizzanti. Non sono molti i Paesi che siedono su riserve molto superiori ai consumi interni come, per esempio, la Russia.
La volatilità del gas europeo e il crollo dei prezzi degli ultimi mesi non si traduce in una simile dinamica per i prezzi dell’elettricità. I prezzi dei quest’ultima a un anno sono sostanzialmente fermi a 150 euro a Mwh da sei mesi anche nelle settimane in cui i prezzi del gas, dopo un inverno eccezionalmente mite e un inizio di estate eccezionalmente fresco, toccavano i minimi. È la prova del nove della fragilità europea, con i mercati che non riescono a scommettere su una riduzione strutturale dei prezzi dell’elettricità che avvicini ai prezzi medi antecedenti la crisi in Ucraina, quando ci si attestava su livelli di circa 50 euro a Mwh.
La crisi energetica europea del 2022 non è risolta e cova sotto la cenere; le imprese non si fidano dei ribassi e programmano gli investimenti coerentemente con questa sfiducia. La chimica europea è forse l’esempio massimo di questa condizione. Più le forniture sono vicine e stabili, più i mercati energetici europei si normalizzano e viceversa; gli ultimi disordini in Libia confermano uno scenario sfidante. Nel frattempo la produzione italiana di gas rimane schiacciata sui minimi e in ulteriore riduzione.
L’urgenza che ha caratterizzato per alcuni mesi la politica estera e energetica italiane nel 2022 è venuta meno anche grazie a condizioni meteo particolarmente favorevoli. La fragilità rimane anche quando, come ieri, i prezzi del gas scendono in doppia cifra.
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