I prezzi del gas europeo nelle ultime settimane sono scesi sensibilmente; il ritracciamento è una boccata d’ossigeno rispetto a uno scenario, pensiamo ai prezzi di fine estate, in cui sembrava impossibile trovare soluzioni che non avessero conseguenze economiche e sociali insostenibili. Oggi il sistema viaggia comunque su prezzi di molte volte superiori a quelli di un anno fa e ai livelli sia di altri Paesi del blocco occidentale, soprattutto gli Usa, che delle maggiori economie globali.



La discesa dei prezzi ha sostanzialmente un’unica causa: le temperature sono sensibilmente superiori alla media e i riscaldamenti, che in Italia rappresentano il 30% dei consumi annuali, rimangono spenti. Questa anomalia avviene in un sistema che ha chiuso l’estate con le scorte ai massimi e che si era portato avanti prenotando navi di gas liquefatto. Il mercato fisico ha un eccesso di offerta perché gli stoccaggi sono una variabile indipendente esattamente come il numero di navi e di rigassificatori. Siamo in una situazione simile a quella della primavera 2020 quando i lockdown avevano fatto precipitare la domanda di petrolio e il suo prezzo era arrivato a toccare prezzi negativi. Oggi non si sa dove mettere il gas perché la stagione termica è “inspiegabilmente” in ritardo e c’è molta meno domanda di quanto fosse atteso.



Il sistema può beneficiare di questa circostanza solo in misura limitata perché gli stoccaggi sono già pieni. È come se improvvisamente ci fossero sconti colossali su un bene voluminoso con i consumatori che però non hanno fisicamente spazio per accumularlo. È un effetto temporaneo che si esaurisce quando le scorte finiscono. Se l’inverno dovesse essere rigido, per ora non sembra, si tornerebbe nell’emergenza.

Fino a 12 mesi fa il problema degli stoccaggi non esisteva perché tutti i nostri fornitori, incluso quello principale a Mosca, ci facevano in qualche modo anche da magazzino. Oggi il sistema dipende in buona parte dal mercato del gas liquefatto. Questo significa che per poter beneficiare di una fase estremamente favorevole come l’attuale e in generale per potersi costruire cuscinetti in grado di smussare la volatilità del mercato e dei cicli occorrerebbe molta più capacità di stoccaggio in grado di coprire molti mesi di domanda.



Il ribasso dei prezzi è positivo, ma la volatilità no, perché il sistema industriale non può programmare e soprattutto perché le utility si ritrovano a gestire per importi molto ingenti variabili impazzite. Non è chiaro cosa possa succedere alla montagna di derivati che le utility hanno sottoscritto per ridurre i rischi in presenza di uno scenario estremo come quello attuale con i prezzi “spot” del gas che scendono del 90% in meno di due mesi e con un eccesso temporaneo di offerta sul mercato fisico che era impossibile da preventivare. È difficile pensare che il sistema possa reggere senza un deciso ruolo statale esattamente come accaduto in Germania con la nazionalizzazione di Uniper e il piano da 200 miliardi o in Francia che ha già nazionalizzato Edf e che ieri ha annunciato un piano da 45 miliardi di euro per abbassare i costi energetici; teniamo sempre presente che il Paese transalpino può contare su una massiccia produzione nucleare che è immune dai prezzi del gas.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI