Ieri è stato trovato l’accordo sul tetto al prezzo del gas in Europa, 180 euro a megawattora. Il numero ha un senso solo se si ha presente lo scenario energetico europeo. Oggi il prezzo del gas europeo è poco superiore a 100 euro; dal 2008 al 2021 non è sostanzialmente mai salito oltre i 30 euro ed è rimasto in media intorno ai 20 euro. I prezzi di oggi, sensibilmente sotto il tetto europeo, sono cinque volte più alti di quelli a cui il sistema industriale ha girato per più di un decennio. Nel frattempo i prezzi negli Stati Uniti sono saliti di poco meno di due volte.
I prezzi attuali, circa la metà del cap, sono già un problema grave per le industrie e per le famiglie. I consumi di gas in Italia a ottobre e novembre sono stati sensibilmente inferiori rispetto al 2021: -40% a ottobre e -25% a novembre. Questi cali sono il risultato di un autunno eccezionalmente mite e di minori consumi industriali perché molte imprese, soprattutto quelle energivore, hanno fermato la produzione per l’impossibilità di trasferire sui prezzi finali i rincari della materia prima e dell’energia elettrica. Il calo infine è stato favorito dalla paura di consumare di molti italiani che hanno ridotto le ore di accensione e abbassato la temperature per evitare salassi. La variabile meteo è imponderabile e il sospiro di sollievo si potrà tirare solo alla fine dell’inverno. Per ora è calata la produzione industriale e la gente ha più freddo in casa nonostante uno degli autunni più miti che si ricordino. Ricordiamo poi che il riempimento degli stoccaggi europei, e anche italiani, è avvenuto a prezzi ben superiori al tetto annunciato ieri. Tra fine agosto e inizio settembre, con il supporto dei Governi, è stato comprato gas a qualsiasi prezzo pur di mettersi nella situazione più tranquilla possibile.
Il crollo delle importazioni russe non è stato controbilanciato da importazioni dall’Algeria, che rimangono agli stessi livelli del 2021. Dalla Libia arriva meno gas che nel 2021. L’Europa ha sostituito il gas russo comprando sul mercato globale gas liquefatto e facendo ripartire le centrali a carbone. Sul mercato internazionale del gas liquefatto non valgono accordi di lungo termine a prezzi “calmierati” dove il venditore accetta di offrire uno sconto perché dall’altra parte ha un cliente “fidelizzato” magari per dieci o vent’anni. È un mercato dove si compete con sistemi, pensiamo alla Cina, che potrebbero decidere di comprare a qualsiasi prezzo pur di garantirsi la parte che manca per soddisfare tutta la domanda. È esattamente quello che ha fatto l’Europa alla fine dell’estate, quando il gas è stato scambiato ben oltre i 200 euro mentre fonti più che affidabili hanno sostenuto che fuori dai mercati regolamentati si sia comprato gas anche a prezzi molto superiori. Le forniture addizionali dal Qatar, sempre ammesso che il Qatargate non rovini tutto, e quelle dagli Stati Uniti non arriveranno prima di qualche anno. Il differenziale tra prezzo americano ed europeo dimostra che le connessioni tra i due mercati sono marginali.
Il tetto al prezzo del gas ha un effetto positivo per il sistema creditizio e finanziario che supporta, a vari livelli, il mercato del gas europeo e che fa fatica a gestire impennate dei prezzi fuori da qualsiasi scala. Il tetto del prezzo non risolve invece né il problema della competitività delle imprese europee, né quello dei costi per gli utenti, né, tantomeno, aiuta la sicurezza energetica europea, perché è nove volte superiore alla media degli ultimi dieci anni e passa.
Meno di una settimana fa Bloomberg ha dato conto di quanto siano fragili le forniture di petrolio europeo. Si potrebbe dire lo stesso del gas, perché a guardare bene i numeri dei flussi del 2022 sul 2021 la maggiore differenza, in positivo, arriva dal gas liquefatto che è il più caro e il meno affidabile. Tutti i Paesi che sono stati via via sbandierati come soluzione al crollo delle importazioni russe finora non mostrano numeri particolarmente promettenti. Anzi, dalla Libia ne arriva di meno. Da ieri per imprese e cittadini non cambia niente. Anzi in realtà cambia questo: se i prezzi esplodessero i razionamenti diventerebbero più attuali. L’Europa deve ottenere la sua sicurezza energetica, difendere i suoi fornitori e le sue catene di fornitura in uno scenario da tutti contro tutti per la ridefinizione dei commerci e delle produzioni globali. Le alchimie finanziarie, per quanto utili, a questo riguardo non aggiungono niente. Al limite se occorre evitare che una quota delle importazioni spinga il prezzo di tutte occorre sussidiare quella parte in un modo o nell’altro, come accade in Spagna e Portogallo. Servirebbe oggi più che mai il metodo “Mattei” che invece in questi giorni pare passato di moda.
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